La famiglia non rappresenta certo un modello unico e universale di facile definizione. Come tante altre istituzioni sociali la famiglia è condizionata sia dalla realtà all’interno della quale si crea e si evolve, sia dalle influenze esterne che essa riceve. Uno dei nodi problematici fondamentali è costituito dal passaggio dalla famiglia “tradizionale” e quella “moderna”. La società tradizionale presentava minori dinamiche sociali. Gli individui, in altre parole, possedevano una più scarsa aspettativa di mobilità: chi nasceva in un determinato contesto era, nella maggior parte dei casi, destinato a restarci e con non poche difficoltà avrebbe potuto emanciparsi da quella posizione. Tuttavia in quel sistema sociale ogni individuo era completamente inserito, per tutta la vita: dall’infanzia alla giovinezza, dalla maturità alla vecchiaia, ognuno conosceva i propri ruoli e le proprie responsabilità e queste gli erano riconosciute.
Si trattava, in altri termini, di un sistema di norme e valori stabili e largamente condivisi, all’interno di un mondo comune. Lo sviluppo e i cambiamenti sociali che le attuali generazioni di genitori hanno assistito, hanno progressivamente migliorato le condizioni economiche, sebbene negli ultimi anni questo rischio sia riemerso. Oggi i soggetti e le famiglie più deboli possono soffrire di una doppia povertà: quella che hanno vissuto le generazioni degli attuali nonni, cioè materiale, caratterizzata da una scarsità di beni economici e di servizi loro offerti e quella dovuta alla progressiva dissoluzione delle relazioni informali e relazionali. Nel processo di mutamento sociale la famiglia si è dunque trasformata: ma quali sono gli elementi di questo cambiamento? Una risposta che ha fatto molto discutere è venuta dalla voce autorevole di Luhmann, il quale ha affermato che la famiglia diventa sempre meno importante per la società, essendo ormai priva di ruoli funzionali. Secondo l’autore la famiglia resta cioè confinata nella sfera dell’affinità e della comunicazione interpersonale.
La famiglia quindi non opera più alcuna mediazione importante fra gli individui e la scuola, il lavoro, i servizi e quant’altro. Allo stesso modo, le relazioni coniugali e la distinzione fra i sessi non incide sulle scelte politiche, sulle attività economiche, sulla partecipazione sociale, ecc. Anche per quanto riguarda il rapporto fra le generazioni, la mediazione familiare svanisce: i genitori di fatto non influenzano più di tanto la socializzazione dei figli e perciò viene meno la stessa funzione educativa. I limiti di una simile interpretazione sono già stati evidenziati in vari ambiti: la prospettiva strettamente funzionalista non può essere applicata alla famiglia se non in misura limitata, altrimenti si finisce per osservare qualcosa che non è la famiglia, in tutta la sua complessità, ma una sua proiezione sul piano delle funzioni sociali. Inoltre, sulla base di quanto esposto in precedenza sulle differenze tra la famiglia tradizionale e la famiglia moderna, va osservato come lo stesso mutamento sociale se da un lato indebolisce alcune caratteristiche della famiglia tradizionale, dall’altro genera nuove mediazioni e rigenera le relazioni fra i suoi componenti.
Certamente possiamo dire che stia scomparendo la società delle famiglie, intesa come organizzazione sociale in cui era la famiglia a definire lo status sociale dell’individuo, ma non per questo la famiglia non conta più nulla come mediazione sociale. Al contrario, essa diventa soggetto di nuove mediazioni, ovvero, se si preferisce, si fa soggetto di relazioni che mediano in maniera imprevista le appartenenze degli individui a varie sfere sociali. Ad ogni modo, sembra evidente che alla progressiva scomparsa della cultura tradizionale non si siano accompagnati solidi processi di costruzione di nuovi valori in grado di orientare la vita delle persone e di rinforzare il senso di appartenenza ad un mondo comune. I valori tradizionali appaiono sbiaditi e di “moderno” si osservano più che altro comportamenti orientati al consumo. La famiglia, considerata in origine la prima e fondamentale istituzione cui è affidata la socializzazione degli individui, ovvero l’apprendimento e il rispetto delle norme etiche e di comportamento stabile da una determinata cultura, dovrebbe ritrovare una propria identità. Se il passato non torna e per molti versi bene così, il futuro possiamo costruirlo oggi. Tutto ciò che esiste è il momento presente e ognuno può metterci del proprio.
Dott. Jacopo Grisolaghi
Psicologo
Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica di Arezzo Sessuologo e Dottore di Ricerca in Psicologia
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