Chi è Aster333? E’ il ventunesimo compleanno di Cristina e quella che doveva essere una normale giornata come le altre, finisce per diventare molto, molto di più.
Vi siete mai chiesti se quello che state vivendo non sia un sogno? Un’illusione? Un’esistenza irreale, creata solo dal vostro inconscio o da qualche scienziato pazzo in cerca di un passo avanti nella storia che ha scelto voi e soltanto voi come cavie? Se non ve lo siete chiesto ancora io, fossi in voi, inizierei a chiedermelo.
Perché tutto sembrava regolare, tutto sembrava nella norma anche a Cristina. Non si era mai fatta domande, aveva sempre vissuto come se quella fosse la sua vita. I suoi ricordi di bambina testimoniavano che quella era la verità, che era tutto accaduto, ma il passato è un luogo strano della mente, la memoria è una cosa così sottile e malleabile che chiunque, persino io, sarei in grado di modificarla e voi non ve ne accorgereste neanche.
Cristina sapeva di essere nata ad Amburgo, e di essersi trasferita a poco più di quattro anni in Italia.
Cristina sapeva di aver frequentato la scuola nel piccolo paese toscano dove ancora viveva, dove ancora si trovavano i suoi amici della vita, i suoi genitori e il suo cane Wolly.
Cristina sapeva chi era e chi era stata.
O almeno questo è ciò che Cristina credeva e che avrebbe continuato a credere, fino a quel fatidico 12 agosto 2016…
La sveglia suonò, e le palpebre si aprirono subito liberando lo sguardo azzurro della ragazza. Normalmente ci volevano le cannonate per tirarla giù dal letto, sua madre sosteneva che una volta avesse provato a svegliarla per mezz’ora senza ottenere il minimo risultato, ma di questo Cristina non aveva memoria, ricordava solo di essersi svegliata, quella mattina di qualche anno prima, con la testa che le faceva un male terribile, dopo aver fatto un sogno di cui non ricordava nulla ma che era sicura di aver fatto.
Ogni volta che quel giorno aveva provato a ricordare quella creazione della sua mente l’emicrania era salita implacabile intimandole di smetterla di sforzarsi tanto.
Ma quel giorno era una storia diversa, quel giorno avrebbe finalmente compiuto ventun anni e non poteva restarsene a letto a dormire, doveva alzarsi, scattare, preparare tutto ciò che aveva organizzato per l’evento.
In un batter d’occhio le coperte si trovarono aggrovigliate in fondo al grande letto matrimoniale, mentre i piedi della ragazza toccavano terra pronti a portarla in cucina a prendere il suo amato caffè, poi in bagno a lavarsi e infine di nuovo in camera, per vestirsi e uscire di casa.
Stranamente per il suo solito, e per l’orario in cui era suonata la sveglia, in meno di mezz’ora le scarpe della ragazza presero la via del corridoio fino a raggiungere la porta d’ingresso, che con un tonfo sordo si chiuse alle sue spalle.
Doveva organizzare la serata, arrivare al locale dove alla sera sarebbe partito l’happy hour che aveva iniziato a preparare da due settimane, per parlare con i proprietari, i baristi, posizionare i festoni e controllare che ogni dettaglio fosse al suo posto.
E per farlo il casco doveva prendere posto sulla sua testa e le ruote del suo motorino dovevano sfrecciare sull’asfalto, per non rischiare di fare tardi e perdere la puntualità sulla tabella di marcia.
Certo, le cose sarebbero state molto più semplici se per le strade non si fossero riversati una serie di incompetenti che parevano non saper seguire neanche le più basilari regole della guida… Cristina era certa che se solo non avesse guidato i suoi nervi sarebbero stati molto meno rigidi ed inclini ad incrinarsi; girovagare per le vie della città aveva sempre comportato una serie di sproloqui infiniti che continuavano ad uscire dalle sue labbra anche dopo un’abbondante decina di minuti che aveva messo sul cavalletto il suo cinquantino.
Ma ancora il momento di posteggiare era lontano, dispersa in una delle rotatorie che univano le varie zone della cittadina.
Lei non lo sapeva, ma quel motorino non avrebbe mai trovato posto vicino al muro nel solito punto dove lo metteva ogni giorno.
Un sorpasso, una macchina che spunta all’improvviso dal nulla, e Cristina si trovò a volare a tre metri da terra, perdendosi nell’azzurro del cielo e mirando ad atterrare diverse spanne più in là dell’auto che l’aveva colpita, buttandola indietro.
Il panico si disperse nei suoi occhi, le domande nella sua mente si affollarono troppo rapidamente perché lei riuscisse a comprenderle davvero, e le palpebre si chiusero sui suoi occhi, stringendosi con forza come se ciò potesse attutire il colpo.
Sarebbe morta?
Lo temeva sul serio, mentre sfrecciava verso l’asfalto e il tempo sembrava dilatarsi attorno a lei. Come sarebbe caduta non poteva saperlo, volando all’indietro in quel modo.
Ma la verità fu che lei, quella mattina, non cadde affatto.
Vi siete mai chiesti se quello che state vivendo non sia un sogno? Un’illusione? Un’esistenza irreale, creata solo dal vostro inconscio o da qualche scienziato pazzo in cerca di un passo avanti nella storia che ha scelto voi e soltanto voi come cavie? Se non ve lo siete chiesto ancora io, fossi in voi, inizierei a chiedermelo.
Le palpebre si spalancarono di scatto, liberando lo sguardo azzurro della ragazza. Sotto di lei doveva esserci il duro asfalto, sopra di lei il cielo estivo, ma nulla si trovava dove avrebbe dovuto. Le sue mani tastavano la morbidezza di un letto che sembrava decisamente molto comodo e i suoi occhi fissavano un soffitto così bianco da sembrare irreale, ovattato quasi fosse una nuvola.
Probabilmente era morta, e quello era uno strano Paradiso che si era fatto moderno per stare al passo con le scoperte tecnologiche dell’uomo. Se ciò era vero, San Pietro non era certo come le avevano insegnato al catechismo, poiché l’uomo che si chinò su di lei non era vecchio e non era candidamente vestito in una tonaca bianca.
Un uomo sulla quarantina e dallo sguardo coperto da uno strano paio di occhialoni era infatti sbucato di fronte al suo viso, fissandola, o almeno così lei immaginava, mentre i denti gli mordicchiavano il labbro inferiore.
Cristina non aveva idea di cosa le fosse accaduto, era convinta che solo pochi secondi prima si trovasse a rischiare la vita cadendo dal proprio storico motorino, ed era abbastanza certa che quello non potesse essere un ospedale e l’uomo un dottore.
« Bentornata fra noi, Aster333. Come sono andate le tue vacanze? »
L’esclamazione di quello strano tipo era chiaramente riferita a lei, anche se quello non era il suo nome e di certo lei non si trovava in vacanza. Era da quando aveva concluso la scuola superiore che non andava in vacanza…
Ancora la ragazza rimase immobile, stesa su quel letto come se ciò potesse salvarla, rassicurarla, spiegarle cosa stava succedendo. Sbatté le palpebre, sperando di trovarvi aiuto, per poi richiuderle con forza e riaprirle, senza ottenere nulla di diverso dalla faccia quasi divertita di quello strano uomo ancora chino su di lei.
Ormai sconfortata, fin troppo confusa, Cristina si decise ad affrontare la cosa. Solo in quel momento si rese conto dell’incredibile silenzio che albergava in quel luogo, qualunque cosa fosse, e così la sua testa ruotò prima a destra e poi a sinistra, per controllare cosa si trovava attorno a lei, constatando che nulla, esattamente nulla, prendeva posto in quella minuscola stanza dove era già solo un miracolo che fosse entrato quel letto.
« Chi è Ater333? E chi sei tu? »
La voce uscì incrinata dalle sue labbra, prima che ella premesse le mani sul materasso per issarsi a sedere, notando come ancora più piccolo in quel momento apparisse quello spazio. I suoi occhi chiari cercarono una porta che le permettesse di uscire, senza però riuscire a trovare nulla, e solo allora essi scattarono verso il volto dell’unica persona presente in quella stanza insieme a lei.
L’uomo sorrise in quel modo ambiguo ancora una volta, prima di sollevare finalmente quegli strani occhiali dal proprio naso e portarli sulla testa, mostrando così il proprio volto.
Per poco Cristina non urlò a quella visione. Gli occhi dell’uomo erano completamente neri.
Non c’era iride, non c’era pupilla e ancora peggio non c’era bianco. Solo due enormi pozzi neri che prendevano il posto lasciato libero dalle palpebre.
« Aster333 sei tu, ed io sono il tuo agente di viaggio… » esclamò l’uomo, battendosi una mano sul petto con un sorriso soddisfatto « vuoi dirmi che non ricordi nulla? » aggiunse, come se quella situazione fosse la più normale del mondo, scattando con la mano destra di lato per premere con forza su un bottone e mostrare il motivo per cui nessuna porta era visibile dal letto : si trovava sotto di loro.
Le palpebre si strinsero ancora una volta sugli occhi della ragazza quando ella avvertì il cuore salirle repentino alla gola a causa dello sbalzo di pressione, prima che entrambi si ritrovassero in un ambiente decisamente più grande, dove tanti letti come il suo si muovevano su e giù verso botole nascoste nell’alto soffitto.
Nessuna corda a tenerli, nessun motore a spingerli, essi semplicemente si spostavano accompagnati da un uomo proprio come quello che affiancava la ragazza.
« Bentornata alla BlackTravell, signorina. La sua vacanza di un giorno si è svolta regolarmente, i suoi parametri sono regolari e il suo pagamento è stato già incassato. Saremo lieti di vederla anche il prossimo fine settimana ».
Continua…
Francesca Bonelli