Elezioni e astensionismo, Marzucchi: “Con le nuove leggi elettorali i cittadini hanno perso il potere di scegliere”

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Mauro Marzucchi, ex vice sindaco, ex assessore ed ex consigliere comunale

Un sistema elettorale ha il compito di trasformare in rappresentanza istituzionale il voto espresso dagli elettori. L’articolo 48 della nostra Costituzione stabilisce che il voto è personale, libero, uguale, segreto.

Quindi ogni voto, insieme ad altri requisiti, dovrebbe rappresentare la stessa capacità di eleggere. Vediamo in Italia come si è attuato questo principio nel tempo.

Legge elettorale COMUNALE: Prima. L’elezione avveniva con voto proporzionale e sindaco ed assessori erano scelti tra coloro che risultavano eletti.
Con la riforma è sindaco chi ottiene il 50,1% al primo turno, o che vince il ballottaggio tra i due sindaci meglio piazzati indipendentemente dai voti presi al primo turno. Il sindaco eletto trascina al 60% le liste che lo appoggiano. Gli assessori sono scelti dal sindaco e non possono far parte del consiglio comunale. I consiglieri comunali, scelti dai cittadini con la preferenza, a differenza di chi si è presentato ma non è stato eletto, ed anche chi non si è nemmeno presentato al giudizio dei cittadini, non sono nominabili nelle aziende pubbliche fino oltre 2 anni dopo la scadenza del mandato. Vietato essere scelti dai cittadini.
Nei comuni sotto i 15.000 abitanti diviene sindaco colui che prende più voti. Senza alcun limite delle percentuali ottenute.

Legge elettorale PROVINCIALE: Prima. L’elezione dei consiglieri avveniva con voto proporzionale. La scelta del presidente e assessori avveniva nel consiglio provinciale, ed erano scelti tra gli eletti. Con la riforma il presidente e i consiglieri sono nominati dai grandi elettori (sindaci e consiglieri dei comuni della provincia). I cittadini non sono coinvolti ai seggi, nonostante che la provincia conservi deleghe importanti, e impegni così il denaro pubblico.

Legge elettorale REGIONI: Ognuna ha una legge elettorale propria. Quella Toscana è dolosamente tarata sugli interessi di Firenze città e sulle province con un numero importante di abitanti. Tutela i partiti presenti in consiglio, cui evita la raccolta delle firme per la presentazione delle liste, richieste invece ai “nuovi” (ben 10.000) nel chiaro tentativo di ostacolare altri pretendenti. E persegue lo stesso obiettivo con lo sbarramento al 5% per i partiti non alleati nelle coalizioni.

Leggi elettorali PARLAMENTARI: Prima. Elezione con l’Italia divisa in collegi e deputati eletti con il sistema proporzionale. Oggi un terzo dei collegi eleggono il parlamentare che prende più voti. Il resto di deputati e senatori (circa il 65%) è eletto con il listino bloccato presentato dai partiti. Quindi nominati dalle segreterie dei partiti che controllano così ogni forma di dissenso e prolungano la vita a classi dirigenti non sempre adeguate. Ai nominati vanno oltretutto aggiunti coloro che sono candidati nei collegi “sicuri”, mentre il poco che resta è comunque indicato.

Il risultato di queste riforme è la continua perdita, da parte degli elettori, della possibilità e capacità di contare ed eleggere i rappresentanti desiderati. Tutto ciò è casuale o c’è stata, e c’è una volontà precisa da parte di tutti i partiti visto che nessuno solleva il caso?

Optiamo per la seconda ipotesi. Infatti, nel tempo sono state eliminate le circoscrizioni con la risibile motivazione dei costi, eliminando uno strumento di utilità e controllo del territorio, oltre che una palestra di esperienze per chi si avvicinava alla cosa pubblica.

Si è proseguito disegnando Comuni dominati da Sindaci/Podestà, eletti talvolta con il 20/30% degli aventi diritto, ma con assoluto potere di nomina degli assessori e nelle partecipate che richiamano privilegi monarchici. Poi la nomina di coloro che amministrano le province sottratti al voto e al controllo dei cittadini

Un contributo fattivo è venuto anche dalla Regione Toscana con privilegio di nomina per i partiti (listino) e centralismo fiorentino, oltre ogni decenza.
Infine un Parlamento largamente abitato da nominati che rendono permanenti e non scalabili i gruppi dirigenti dei partiti, salvo qualche suicidio (primarie).
Il quadro è allarmante. I cittadini vanno sempre meno a votare e tutto ciò è dato così scontato che si è affievolita anche l’ipocrisia della politica, che dopo ogni elezione, si preoccupava, a parole, dell’aumento continuo della percentuale degli astenuti e di come riportare la gente a votare.

Rilanciare la partecipazione e riconsegnare il potere ai cittadini, che possano eleggere i propri rappresentanti, senza alchimie interessate, è necessario per la tenuta democratica dell’Italia.

Parlare di questi temi è complicato ed anche un po’noioso. Urlare dalle curve della tifoseria militante, scambiandosi ogni epiteto, è più appagante e più rapido e magari anche più redditizio, elettoralmente parlando. Ma se coloro che hanno avuto la pazienza di arrivare a leggere fino a qui, indipendentemente da condividere tutto, cominciassero a parlare, magari qualche possibilità di invertire la tendenza potrebbe esserci.

Mauro Marzucchi