Per Don Tonino Palmese la vocazione di sacerdote cristiano si realizza nelle relazioni con gli altri, nelle opere di solidarietà volte ad aiutare il prossimo. E, infatti, nella sua quotidianità, il prete della diocesi di Napoli non si risparmia un secondo: svolti i doveri in Chiesa, Don Tonino lo trovi in strada, mentre porge la mano a madri, padri, fratelli e sorelle delle vittime innocenti della criminalità organizzata.
Essere sacerdote a Napoli, infatti, significa dover comprendere e curare la sofferenza di una città in cui la Camorra non guarda in faccia a nessuno. Spesse volte ingannando giovani ragazzi che finiscono vittime delle loro stesse azioni.
“Se ci dividiamo anche su questo, diventa davvero difficile per la città risollevarsi”, raccontava Don Tonino Palmese in una recente intervista. Quando, interrogato sui murales cittadini in cui vengono raffigurati i giovani uccisi per azioni illegali, rispondeva: “Bisogna sostituire quelle forme di celebrazione con un autentico sostegno, dialogo e supporto educativo e formativo. Per questo, troverei assai più coerente, da parte di persone dotate di sincero slancio democratico, di scrittori e artisti di peso, che si offrissero come famiglie “adottanti” in vario modo. Come chi mette a disposizione un pezzo di tempo e di competenze. Io mi permetto di dirlo perché ci sto con questi ragazzi, quando sono nelle loro vite in bilico, e sono abbastanza soli. Dopo da morti, dicendo sì a una gigantografia, è molto facile”.
Gli incarichi fuori la Parrocchia
In Campania, Don Tonino è coordinatore regionale dell’associazione Libera, la rete che unisce associazioni, cooperative sociali, movimenti e gruppi, scuole e sindacati ma anche diocesi e parrocchie nell’impegno contro la mafia, la corruzione e i fenomeni di criminalità che la alimentano.
Ma non vuole essere chiamato eroe: semplicemente rappresentare per quanti in difficoltà un rifugio sicuro, un momento di ascolto sincero, il coraggio di chi non si nasconde nell’indifferenza e non accetta il compromesso. Per Don Tonino, infatti, ciascuno fa e deve fare la sua parte: la libertà è un diritto che si esercita ogni giorno, un dovere che ha il fine di promuovere la legalità.
Lontano dalla Parrocchia, Don Tonino ricopre anche il ruolo di docente di Teologia all’Università Pontificia di Napoli, quello di Pedagogia al “suor Orsola Benincasa” ed è direttore dell’ufficio Giustizia e Pace della diocesi di Napoli e Consulente della Commissione Parlamentare Antimafia.
I giovani, i carcerati e la speranza che vince la violenza
L’attenzione verso i giovani, Don Tonino l’ha “ereditata” da uno dei suoi modelli. Sono due i sacerdoti che ne hanno segnato il percorso, a cui porge lo sguardo quando riflette sulla propria vocazione: da una parte Don Bosco, noto per aver dedicato la propria vita ai giovani, dall’altra il vescovo di Giovinazzo Don Tonino Bello, per l’attenzione ai poveri di notte e di giorno.
Nemmeno ai giovani chiusi nelle carceri minorili, però, Don Palmese guarda con giudizio. Anzi. È nei loro occhi, spesso, che si nasconde la speranza di una Napoli che vuole reagire alla violenza con opere di carità, come sottolineano queste parole: “La cosa di cui vado maggiormente fiero è la preparazione dei ragazzi di Nisida alla giornata annuale della memoria e all’impegno contro le mafie: con loro sperimentiamo con soddisfazione che ci sono alternative alla logica della violenza. I ragazzi sono seguiti da educatori che aderiscono a Libera, ma soprattutto dai familiari delle vittime innocenti della camorra, un gruppo di persone che rappresentano l’espressione più nobile della nostra regione: vittime essi stessi, si incontrano con i ragazzi di Nisida e prendono coscienza di avere una possibilità per superare la propria disperazione. Questo è un successo, una speranza”.
Quella stessa speranza che Don Tonino non vuole perdere, per cui vale la pena alzare la voce e schierarsi dalla parte dei più deboli. Concretamente, per farsi pane spezzato come Cristo ha fatto.