Alfredo Franchi, Nostalgia di Maremma

“Nostalgia di Maremma” – libro meraviglioso – deve essere considerato, prima e più di qualunque altra cosa, un gesto d’amore. Verso chi? Verso che cosa? Certamente, a suggerirlo è già il titolo, verso la regione geografica che si affaccia sul Mar Tirreno e che è compresa tra la Toscana e il Lazio. Da questo punto di vista, sfogliare le pagine dell’opera di Alfredo Franchi comporta la scoperta o il ritrovamento di luoghi che il lettore ben conosce, o perché come nomi gli sono familiari o perché ha avuto modo di visitarli personalmente. È sufficiente la semplice ricognizione dei titoli dei capitoli a rivelarlo: “Scansano, paese dell’anima”, “Plenilunio a Montemassi”, “L’Amiata e la Maremma nei ricordi di Cesare Brandi”, “Montieri, Paese Mio”, “Tozzi alle miniere di Boccheggiano”, “Santa Fiora, nella rievocazione storico poetica di Mario Pratesi”, “Nostalgia del monte Labbro”.  Vero è che lo sguardo che Franchi posa sui borghi e sulle terre della Maremma è sempre uno sguardo filtrato attraverso la letteratura. Ciò che sta principalmente a cuore all’autore, infatti, come attestato eloquentemente già dal sottotitolo (“Poeti e scrittori toscani del Novecento”), è raccogliere e riunire le testimonianze di lirici, narratori, saggisti, che questo lembo della Toscana lo hanno conosciuto direttamente, facendone anche il tema delle loro opere. Ciò fa sì che all’elenco dei “luoghi” si venga ad affiancare l’elenco degli “autori”, all’interno del quale convivono nomi noti e nomi meno noti, tutti, però, indagati da Franchi con rispetto e grande rigore critico: Idilio Dell’Era, Federigo Tozzi, Dina Ferri, Geno Pampaloni, Bino Sanminiatelli, Roberto Ridolfi, Mario Pratesi, Giacomo Bartellozzi, Carlo Cassola, Manfredo Vanni, Marisa Biagi Grandi. E se la “realtà maremmana” e la “letteratura maremmana” generano due elenchi che si richiamano di continuo e in maniera scoperta, più nascosto si affaccia anche un terzo inventario, quantitativamente più esile, il quale arricchisce ulteriormente la fisionomia del libro e che è un elemento, a mio avviso, tutt’altro che secondario.

Alludo alla trama di rimandi, citazioni, riflessioni inerenti all’ambito filosofico e che vedono tra le occorrenze più significative i nomi di Platone, Plotino, Sant’Agostino, Pascal, Hegel, Schopenhauer, Nietzsche. Le parole di questi pensatori né complicano né rendono oscure le pagine di “Nostalgia di Maremma”; al contrario, aiutano a meglio comprendere le risonanze sentimentali che certi luoghi hanno suscitato negli scrittori che Alfredo Franchi ha scelto di antologizzare, riportandone ampi frammenti di prose, carteggi, versi. Tale chiarificazione svolta dalla citazione filosofica nei confronti della citazione letteraria si spiega con il modo che Franchi ha di sollecitare i testi – come dimostrano i suoi bellissimi saggi, da “Ritornare alla Meraviglia” a “Ritornare alla Gioia” –, un modo che ricerca e rivela il nesso che lega la riflessione, sia pure la più alta e profonda, alla concreta esistenza umana. La filosofia (ma la stessa cosa potrebbe dirsi della letteratura) lo interessa non perché disciplina autoreferenziale, disgiunta dalla vita, specchio di pensiero, astrazione pura, ma in quanto attività che nasce e germoglia nel mezzo di esistenze impure, imperfette, fatte anche di corpo, debolezze e miserie: il vero filosofo e il vero scrittore sono coloro che, lungo le strade della Bellezza e dell’Ascolto, incrociano la Vita di tutti gli uomini, gli prestano la voce, gli additano un possibile orizzonte di senso. Il passo che segue appartiene al capitolo iniziale, intitolato “Nostalgia della Maremma in Idilio Dell’Era”.         

Dell’Era ha tracciato in alcune scarne note una sorta di autobiografia culturale in cui indica le fasi salienti ed i luoghi della sua formazione. Nella Firenze della rivista “Il Frontespizio”, e in consuetudine di vita con gli scrittori che intorno ad essa gravitavano, si è iniziato ai segreti della scrittura; nella frequentazione assidua dei santi e dei mistici senesi ha dato alimento alla sua religiosità che dai contemporanei, di cui rimangono soprattutto risonanze negative, non ha ricevuto impulsi significativi. In realtà il rapporto dello scrittore con Siena e le città in generale è sempre stato problematico e difficile come ben si vede, per contrasto, dall’ammirazione per la natura incontaminata ed i piccoli paesi arroccati della Maremma ove ha trascorso l’infanzia ed in cui ha maturato il profondo amore per la natura che lo ha segnato nel corso intero della sua vita. Dell’Era, radicato nella natura, partecipa della concezione di vita e degli atteggiamenti diffusi nella campagna, come appare da certe considerazioni sul significato della morte, intesa quale evento naturale al pari della nascita, e quindi percepita come realtà non problematica nell’elogio rivolto alla nonna: “era una donna in gamba: non si lamentava mai, nemmeno sul punto di morire. Quando si more dobbiamo imitare i gatti, non chiedere aiuto a nessuno e non lasciar traccia di noi”, e dal modo scherzoso con cui egli parla del termine della vita come ritorno alla terra madre sotto un soffice manto di erba: “il becchino sarebbe stato l’amico, il confidente… a cui avrei detto: Piglia prima la misura… non la voglio troppo fonda”.

 

Alfredo Franchi, Nostalgia di Maremma, Effigi, Arcidosso 2025

a cura di Francesco Ricci