Nella sua vita Charles Darwin (1809-1882) non volle essere altro che uno scienziato. Fece un viaggio per mare durato cinque anni (dal 1831 al 1836), raccolse una gran quantità di materiale per i suoi studi e, una volta rientrato in patria, lo riordinò con pazienza e lo esaminò con cura. Quindi, nel 1859, pubblicò l’opera “L’origine della specie”, che andò esaurita nel giro di poche ore il primo giorno di vendita. A questa seguirono nel corso degli anni “La variazione degli animali e delle piante allo stato domestico” (1868), “La discendenza dell’uomo” (1871), “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali” (1872). Sì, è proprio vero, Darwin volle essere esclusivamente uno scienziato. Perciò, se noi vogliamo farci un’idea delle sue opinioni in materia di filosofia e di religione, dobbiamo rivolgere la nostra attenzione (e la nostra ricerca) ai testi privati, ai testi, cioè, non destinati alla pubblicazione, come la lettera del 1879 in cui affermava che “la descrizione del mio stato di spirito è quella dell’agnostico”. E cosa significava per Darwin il termine “agnostico”, coniato nel 1869 dal naturalista Thomas Huxley? Niente altro che l’impossibilità di rinvenire in ambito scientifico conferme o smentite delle credenze religiose tradizionali. Una cosa, però, per Darwin era certa e indiscutibile: la natura non lascia intravedere nessuna causa finale, altrimenti, perché il male? Perché il dolore? In ogni caso, la fortuna di Darwin e dei suoi testi fu tale da relegare nell’ombra chi, come Lamarck, aveva in precedenza proposta una diversa teoria relativa ai meccanismi e alle modalità responsabili del processo dell’evoluzione biologica.
L’ultimo agilissimo saggio di Carlo Bellieni e Lourdes Velázquez mette ora un po’ di ordine in questa materia sicuramente complessa, dove, occorre aggiungere, il prendere posizione a favore di una teoria (ad esempio, il cosiddetto neodarwinismo, affermatosi nella prima metà del Novecento) non di rado si è tradotto nel trascurare aprioristicamente ogni nuova scoperta scientifica in grado di far scivolare suddetta teoria dal piano del tassativo e inoppugnabile a quello del probabile e plausibile. Dopo la premessa, curata da entrambi gli autori, Carlo Bellieni si sofferma sulle conoscenze – tra le quali il fenomeno dell’endosimbiosi e la trasmissione genica orizzontale – che se da un lato hanno determinato una rivalutazione dell’opera del biologo Lamarck, finita in un cono d’ombra dopo il trionfo del darwinismo, dall’altro hanno evidenziato quanto appaia sottile la barriera che separa la lotta dalla collaborazione, l’egoismo dall’altruismo, quando si parla di specie animali e di adattamento all’ambiente. Quindi Lourdes Velázquez nel secondo capitolo, intitolato “Riflessioni sull’evoluzione e l’evoluzionismo”, ripercorre le linee essenziali dei quadri filosofici che hanno prima ostacolato, poi agevolato l’accettazione dell’evoluzionismo; attraverso tale percorso la bioeticista messicana chiarisce anche i rapporti tra quest’ultimo e la religione, oltre che mostrare l’impatto avuto dalla teoria darwiniana applicata all’ambito della società. Il passo che segue costituisce la parte iniziale della Premessa, scritta assieme da Carlo Bellieni e Lourdes Velázquez:
“Sembra corretto ritenere – per lo meno nei paesi socialmente più avanzati e pertanto dotati di un discreto livello di istruzione pubblica – che l’idea dell’evoluzione biologica sia largamente accettata, nel senso che si ammette che le specie viventi attuali derivano per discendenza da specie anteriori meno numerose e meno complesse. Affermare che le cose siano per davvero andate così costituisce già una teoria, la cui prima sistematica elaborazione si deve al naturalista francese Lamarck, che la espose nei primi anni dell’Ottocento. Bisognava comunque proporre una concezione circa i meccanismi e le modalità che hanno prodotto, appunto, il processo dell’evoluzione biologica, e lo stesso Lamarck avanzò la tesi secondo cui gli organismi viventi compiono spontaneamente ogni sforzo per adattarsi all’ambiente, trasformando la propria costituzione e funzionalità che vengono trasmesse ereditariamente alla discendenza. Mezzo secolo dopo, Darwin (riconoscendo esplicitamente i meriti di Lamarck) aggiungeva una nuova originale tesi circa i meccanismi dell’evoluzione, ossia il famoso principio della selezione naturale: secondo questo, se in una popolazione di individui di una certa specie ne esistono alcuni dotati di caratteristiche che permettono loro di sfruttare meglio le scarse risorse dell’ambiente per sopravvivere e riprodursi, questi individui e la loro discendenza finiranno con l’occupare l’intero ambiente (mentre gli altri si saranno gradatamente estinti) e una specie diversa avrà rimpiazzato la precedente”
Carlo Bellieni-Lourdes Velázquez, Il vero segreto dell’evoluzione, Cantagalli, Siena 2022
a cura di Francesco Ricci
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