Duccio Balestracci, Attraversando l’anno

La molteplicità di sentieri che l’ultimo bellissimo saggio di Duccio Balestracci consente al lettore di percorrere, è già contenuta e allusa nel titolo. Il gerundio “attraversando”, infatti, può possedere un valore causale o ipotetico, temporale o modale o, addirittura, concessivo. Tante sono le funzioni racchiuse in quel modo verbale, così come tanti sono i campi del sapere che, pagina dopo pagina, ci troviamo a esplorare – l’antropologia, la storia delle tradizioni, la storia delle religioni, l’etnologia –, sebbene “Attraversando l’anno” resti fondamentalmente, come l’autore riconosce espressamente nell’Introduzione, “un libro di storia”. Non solo. La molteplicità deve essere riferita non soltanto alle discipline che Duccio Balestracci con sapienza impiega, a livello di conoscenze non meno che di approcci epistemologici, ma anche alle culture, alle società, alle epoche studiate e indagate al fine di portare alla luce le indubbie analogie che è dato individuare e delle quali riti, feste, credenze offrono puntuale testimonianza e conferma.

Dall’India all’Asia Minore, dall’Europa del Sud all’Europa del Nord, dalla Cina al Giappone, dall’Alaska all’America meridionale, dall’Africa all’Oceania, a sfilare sotto i nostri occhi sono una miriade di ricorrenze e di ritualità, le quali confermano la validità di quanto affermato dal grande storico Jacques Le Goff: “Tutta la vita quotidiana, affettiva, fantastica di una società dipende dal suo calendario”. D’altra parte, la distinzione tra il tempo del lavoro e il tempo della festa, che è alla base di ogni calendario, che informa di sé ogni calendario, da cosa trae origine se non dalla volontà di una comunità, piccola o grande che sia, di instaurare un rapporto privilegiato con la Natura, percepita tanto come forza benevola (da compiacere e onorare) quanto come forza malvagia (da ingraziarsi e addomesticare)? La stessa necessità – avvicinare ciò che dona aiuto e vita, allontanare ciò che procura danno e morte – ritorna anche nella maniera d’intendere il legame coi propri defunti, sia quelli della famiglia che quelli del villaggio. Infatti, i morti, al pari della Natura, sono creature esigenti: molto danno, ma molto, forse di più, pretendono.

“Attraversando l’anno”, alla fine, credo che possa venire letto come una ricerca, documentatissima e affascinante, sui diversi tentativi esperiti dagli uomini per esorcizzare il tempo – l’altra grande paura, dopo quella della Natura – e  per istituire un legame fra la circolarità del suo incedere – si pensi, a titolo d’esempio, al ciclo delle stagioni e al ciclo cosmico – e l’andamento lineare, e costantemente aperto alla storia,  dell’esistenza del singolo (la terrificante angoscia del divenire), sia che questa venga pensata come un emergere dal Nulla per poi rituffarsi nel Nulla sia che venga concepita come un provenire dall’Essere o dalla casa del Padre per farvi poi con la morte.  Il passo che segue è tratto dal primo capitolo, intitolato “La natura è sovrannaturale”.       

“Per quanto paradossale possa suonare, la natura non è mai esclusivamente naturale, perché è sempre ricca di significato religioso: c’è una solidarietà che Mircea Eliade definisce cosmo-biologica, un sistema fra la terra e le forme organiche da essa generate che dà vita a una sorta di unitarietà fra il tellurico, da una parte, e il vegetale, l’animale e l’umano, dall’altra. È quella che si riscontra, ad esempio, ancora adesso nelle culture africane per le quali la natura è manifestazione di un dio: perciò tutto ha un’anima, perfino pietre e oggetti. La foresta e la giungla, in questo universo mentale, sono l’habitat di ogni tipo di forza vitale, così come le montagne sono la dimora di dio, e simboli divini sono anche il sole, la luna e le stelle. La terra è l’elemento dal quale scaturisce ogni tipo di vita, tanto che nelle tradizioni scandinave, e altrettanto in quelle giapponesi, si usa deporre al suolo l’ammalato affinché essa lo rigeneri ridonandogli la salute. Ugualmente, la forza della terra è riconosciuta nelle culture in cui i bambini morti vengono seppelliti, mentre per gli altri cadaveri è prevista la cremazione, perché, ritornando nel “grembo” tellurico-materno, possano rinascere. Proprio come si faceva, del resto, in certi casi, con le streghe e i condannati a morte, i qualivenivano sepolti vivi in modo che le loro anime potessero purificarsi”

Duccio Balestracci, Attraversando l’anno, il Mulino, Bologna 2023

a cura di Francesco Ricci