Fiction & Libri

Fausto Tanzarella, Il cerchio del fantasma

“Il cerchio del fantasma” di Fausto Tanzarella è uno dei romanzi gialli più belli tra quelli pubblicati negli ultimi anni. È una questione di ritmo della narrazione, che asseconda alla perfezione le differenti situazioni descritte. È una questione di impiego del dialogo, che appare rispettoso della natura dei singoli personaggi (condizione sociale, livello d’istruzione, professione), contribuendo in maniera significativa a individualizzarli ulteriormente. È una questione di ideazione e orchestrazione della trama, che vede alla fine quattro delitti, frequenti colpi di scena, un’avvincente inchiesta non priva di inattese difficoltà e di contrattempi, un discreto variare di ambienti, sia interni che esterni, e di ambientazioni.

È una questione di naturale simpatia suscitata nel lettore, sin dal suo primo apparire, dalla figura di Andrea Olmi, giovane professore liceale e scrittore di romanzi polizieschi, che ricopre un ruolo di primo piano nella vicenda narrata e nella soluzione del caso. È, da ultimo, la presenza della città di Siena, colta e restituita con maestria da Tanzarella nelle sue atmosfere, nei suoi scorci, nei suoi silenzi, che concorrono a renderla una città sospesa tra realtà e magia, tra normalità e follia.  Ma c’è dell’altro.

Accanto alla sapiente regia dell’azione (delle azioni) “Il cerchio fantasma” lascia intravedere anche una notevolissima capacità da parte dello scrittore di scendere nella profondità, non di rado melmosa e inquietante, di alcuni personaggi, laddove nascono i fiori del male, destinati ad avvelenare l’esistenza del singolo e, non di rado, a mettere in pericolo la stabilità e l’incolumità di una comunità cittadina.

È quanto Tanzarella fa, ad esempio, con Katia, giovane cronista di nera, la quale appare condizionata nel proprio agire dalla dimensione inconscia non meno che da quella razionale; è quanto accade allo stesso Andrea Olmi che, a conclusione del libro, dimostra con la decisione che assume che la creatura umana possiede una complessità che non si lascia mai completamente spiegare ricorrendo a categorie interpretative come volontà, coscienza, causa-effetto, colpa-pena. Insomma, a me pare che nella costruzione del romanzo lo sguardo verticale (nel sottosuolo dell’io) dell’autore non sia meno importante dello sguardo orizzontale, quello che serve a tenere insieme i fili della narrazione e che permette di indagare il presente, denunciandone problemi e ingiustizie (ogni romanzo giallo è anche un romanzo sociale, almeno a partire dalla metà del Novecento).

Il passo che segue è tratto dal capitolo iniziale, e serve a introdurre il personaggio di Andrea.                

“Cavolo nero, fagioli, verza, cipolla, carota, sedano, pomodoro, zucchine, patate; acqua, quella di cottura dei fagioli, poco sale, niente pepe che non c’entra nulla, e pane vecchio ben tostato. Lì a La Trappola, in piazza del Mercato, servivano la vera ribollita toscana. Piero e Teresa, gli osti, la preparavano con sapienza contadina. Andrea ci aveva fatto un pensierino, ma la ribollita è troppo… ingombrante. E a cena con lui c’era Olga. Che dopo avrebbe accettato di seguirlo a casa sua. Questo era certo. Per due volte lui aveva sondato la possibilità: il bicchiere della staffa con un certo whisky appena arrivatogli dalla Scozia; un’occhiata alle bozze del suo nuovo romanzo. Con buon esito: “Sono grande amica del vero buon whisky.”

E poi: “Davvero? Ho letto tutti i tuoi romanzi. Mi piace un sacco come scrivi. Certo, sarebbe davvero emozionante dare un’occhiata a cosa stai preparando, un’anteprima solo per me.” Sì, lei era pronta a portare la loro recente amicizia un po’ più in là, verso qualcosa di meno indefinito. “Mi piaci, Andrea. Più ti conosco e più mi piaci. Vorrei conoscerti ancora più a fondo, completamente, se ti va.” Così gli aveva detto solo un paio di giorni prima. Perciò la cena. E quindi ora l’invito, subito accolto. A proseguire la serata a casa. Insomma tra poco Andrea avrebbe dovuto mettere in campo certe sue qualità; meglio tenersi leggero e asciutto. Risotto all’ortica: quella era la scelta giusta. Lei la condivise”. 

Fausto Tanzarella, Il cerchio del fantasma, Oakmond Publishing, Günzburg 2018

Francesco Laezza

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