“Fuori dal buio” è un libro dal carcere e sul carcere. Dal carcere, perché a scriverlo è stato un gruppo di detenuti della Casa Circondariale di Siena. Sul carcere, perché, specie nella seconda parte del volume, la prigione viene a costituire lo spazio principale della vicenda narrata. Parlo di proposito di “vicenda narrata”, poiché “Fuori dal buio” non è una raccolta di testimonianze (lettere, pagine di diario, ricordi) offerte da chi, a un certo punto, si è ritrovato a fare del perimetro di una cella o di un cortile il perimetro del proprio mondo.
No, “Fuori dal buio” deve essere considerato a tutti gli effetti un romanzo, un romanzo a più mani (con la supervisione di Cecilia Marzotti), che – aggiungo io – strizza l’occhio al genere giallo. La vendetta, infatti, come rivela chiaramente uno dei personaggi principali della storia, Grillo-boss, non solo è un sentimento che il tempo non estingue, ma è anche uno stimolo ad affinare l’intelligenza, a farsi furbi, a ordire macchinazioni. Tutte caratteristiche, queste, che, viste o dalla parte del crimine o dalla parte di chi persegue il crimine, rinvengono nel giallo d’autore il genere che più le esalta, dal momento che spesso si traducono ora in mezzi per compiere il misfatto ora in strumenti di indagine investigativa. Certo, la vita e il vissuto degli otto autori che compongono il gruppo di scrittura collettiva fanno capolino ogni tanto nella pagina, formano a tutti gli effetti l’antefatto di una precisa maniera di concepire e raccontare la vicenda, di descrivere un ambiente, di ritrarre lo stato d’animo di un personaggio.
Ma restano, appunto, un antefatto: la bilancia continua a pendere dalla parte dell’invenzione e la fantasia trasforma e ridisegna l’esperienza reale. Il passo che segue è tratto dall’introduzione a firma del gruppo. Il libro verrà presentato lunedì 11 novembre, alle ore 18, presso la libreria Mondadori di via Montanini:
“È una storia semplice fatta di persone e sentimenti. Quando abbiamo iniziato a scrivere tutto era confuso, l’unica cosa certa e chiara era il voler rappresentare quello che ognuno di noi vive nel carcere, sia le cose positive che quelle negative. Il desiderio comune era di non farlo attraverso un freddo elenco di ciò che va o non va, volevamo raccontare la vita e i sentimenti reali che si provano a stare chiusi, fuori dal mondo, lontano da tutto e da tutti. Abbiamo scelto e cercato di farlo attraverso il racconto di una storia di fantasia che in molte sue parti è vera, perché tratteggia, anche se in minima parte, la storia reale di ognuno di noi. Abbiamo capito di aver sbagliato, la vita non va come la immaginiamo, fa la sua strada che è spesso diversa da quello che volevamo o sognavamo, semplicemente cammina per suo conto. Noi tutti cercavamo la felicità, la colpa dei nostri fallimenti era sempre stata degli altri, mai la nostra. Abbiamo cercato sempre grandi cose, grandi ricchezze, senza capire che la gioia è ricercare e trovare soddisfazione nei piccoli piaceri e desideri che la vita ci offre: un bacio, un sorriso, il pianto o la gioia di un bimbo. Quando abbiamo iniziato volevamo dire solo questo a tutti voi, ma prima di tutto a noi stessi. Forse in parte ci siamo riusciti. Ci abbiamo provato e siamo contenti di averlo fatto”
Fuori dal buio, Futura, Perugia 2019
a cura di Francesco Ricci