Serve poco per fidarsi delle persone, specialmente se si è dietro uno schermo.
Nessuno ci conosce, nessuno sa chi siamo, la nostra età, non conoscono il nostro peso, le nostre imperfezioni, i nostri punti deboli, solo lì riusciamo ad essere quel che vogliamo, quel che desideriamo essere.
Creiamo una nuova identità, creiamo il nostro alterego, qualcuno che non abbiamo il coraggio di essere.
L’essere, l’apparire, il sembrare qualcun altro ci fa sentire più forti, ci fa sentire più sicuri e ci porta, alla fine, a fare cose che non abbiamo il coraggio di fare lontani da quello schermo che si trasforma in un muro di protezione, in una maschera, in una menzogna.
Io ho sempre avuto bisogno di quella maschera, non sono mai stata perfetta, non sono mai stata la ragazza più popolare della scuola, quella che viene corteggiata dai ragazzi più disparati, quella che viene imitata dalle altre ragazze, quella che fa moda, che fa tendenza anche con un sacco della spazzatura perché è così bella da star bene anche con quello.
Sono sempre stata l’emarginata con i chili di troppo, con una pelle imperfetta, alternativa con i vestiti, i capelli colorati, musica rock e metal come colonna sonora della mia vita, che faceva finta di odiare il mondo solo perché il mondo non è mai riuscito ad amarla.
Tutti abbiamo il disperato bisogno di essere accettati, specialmente alle superiori dove si creano delle gerarchie e tu ti ritrovi inesorabilmente all’ultimo posto che osservi tutti dal basso, che osservi le persone amarsi, avere splendide vite sociali e tu sei sola con i tuoi libri, con le tue serie tv, e ami semplicemente personaggi di fantasia perché gli esseri umani non riescono neanche a notarti e cerchi, in modo disperato, un posto in cui sentirti accettata, un posto in cui non ti senti sola e dove puoi essere te stessa senza esser vista, senza esser etichettata come quella strana, come la sfigata… e il computer, internet e la fantasia sono i tuoi unici amici.
E’ una cosa che fa pena, vero? Ma io stranamente mi sono sempre sentita bene solo lì, tra quelle pagine, tra
quelle persone che sono emarginate come me.
Ma non tutte riescono a sbollire la frustrazione reale con tranquillità e in modo pacifico. Sapete su internet ci sono molte piattaforme, o gruppi su facebook in cui le persone si sfogano dei propri problemi reali, in cui trovano conforto in qualcuno che, anche senza vedersi, riescono a capirsi, ma non tutti sono lì per cercare compassione, per cercare un sostegno.
Spesso, e sempre più frequentemente, si aggirano tra di noi persone con il semplice scopo di farci sentire come ci sentiamo realmente, lontani da quel pc, ci ricordano chi siamo realmente se non dei falliti, degli illusi, delle persone che non hanno una vita e che se ne creano una falsa, in cui nascondersi come dei topi, in cui essere veramente patetici, che non troveremo mai l’amore, che non saremo mai popolari o semplicemente accettati, perché ovunque andremo ci saranno sempre due gruppi: noi & loro.
Ci sono le persone deboli e le persone forti, ci sono persone che riescono a combattere a altre che subiscono senza lottare.
Io sono Elena, ho diciassette anni e rientro nella seconda opzione, lo sono sempre stata, non ho mai combattuto, non ho mai cercato di emergere, di far ascoltare la mia voce, di dire la mia, di dimostrare alle persone che so essere splendida e bellissima anche se non si vede sul mio corpo, che mi piace leggere, che amo ogni genere di musica, che amo il cinema, il teatro, i viaggi… i viaggi sono sempre stati il particolare a cui ambivo di più nella mia vita, andare via dal paesino, e cercare nel mondo un posto in cui potermi sentire accettata, perché ne avevo davvero bisogno.
Avevo la necessità, come quella di respirare, di essere anche un minimo apprezzata, di essere riconosciuta come essere umano e non come palla di lardo, cesso, sgorbio, grassona e vi garantisco che potrei continuare all’infinito perché la mente umana è magnifica, è affascinante ma sa essere così cattiva, così intrisa di cattiverie, di egoismo e di malvagità che a volte fa paura, io ne ho sempre avuto paura.
E a volte non basta una semplice spinta, non basta essere picchiati e feriti fisicamente, perché quelle ferite sono più facili da curare, scompaiono lentamente, ma prima o poi lo fanno, il modo migliore per colpire una persona è farlo psicologicamente, minare l’autostima, farla a pezzi è molto più doloroso di un pugno il cui dolore passa dopo qualche ora, massimo qualche giorno, ma se sei debole come, se non sei convinto di te stesso come me, distruggere quel minimo di autostima è il primo passo per farti crollare.
Lo dico perché lo so, perché non bastavano più gli insulti fuori da scuola, non bastavano più gli spintoni contro le macchinette e l’essere chiusa in bagno, bisognava andare più in fondo, nell’inconscio, in una parte da cui era difficile tornare indietro.
E così è stato.
Erano lì con i loro messaggi su facebook, le loro email, le chiamate all’una di notte, le minacce, gli insulti, le mie foto modificate per rendermi più orrenda e inguardabile, i commenti sotto i miei post, le domande su ask, o meglio insulti e piano piano, tutto peggiorava, tutto si ingigantiva, a tal punto che ero diventata lo zimbello di internet, della mia scuola, del mio paese.
Nessuno riusciva a guardarmi in faccia, tutti ridevano alle mie spalle.
Era da sola contro dei bulli nella vita reale, ero da sola contro dei bulli nella vita di internet, ero da sola sempre e non sapevo più cosa altro fare, come fargli smettere, come uscirne.
Sono Elena, ho diciassette anni e ho deciso di dire basta a tutto questo, di finirla, di mettere un punto a questa tortura.
Ho preso come esempio una delle loro minacce di morte, l’ho riletta mille volte e l’ho messo in atto senza pensarci più. Hanno vinto loro, hanno sempre vinto loro perché io non ho mai avuto nessuno al mio fianco che mi aiutasse a non dargliela vinta,
ero sola all’inizio e lo sono stata anche alla fine.
Carlotta Iannuzzi
*Carlotta Iannuzzi ha 20 anni e vive a Rutigliano, in provincia di Bari.
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