La notte in cui crollò la Torre, una fiction attraverso la quale si raccontano le mutazioni a cui il sociale in genere, e quello che si occupa di psichiatria in particolare, sta andando incontro in questo periodo di crisi. Il tentativo dell’autore è quello di dare un piccolo spaccato di come si sia sviluppata ai giorni nostri quella parte di assistenza psichiatrica che si interessa di reinserimento lavorativo e che si è sviluppata soprattutto attraverso la cooperazione sociale. Questo movimento, molto presente anche a Siena, e che ha alle spalle diversi decenni di storia, sta vivendo adesso un momento critico e rischia attualmente di subire mutazioni importanti se non addirittura di finire. È naturalmente una storia inventata, almeno nei personaggi e nei fatti raccontati ma molto verosimile. È invece ambientata in luoghi conosciuti e familiari per molti di noi: la valle di Porta Giustizia. E una storia che cerca anche di mescolare le vicende di fantasia con la crisi generale di questi anni e con la crisi di Siena in particolare, raccontata in un modo metaforico e surreale.
Il racconto, vista la necessità di descrivere i luoghi dell’azione e renderli familiari al lettore, ha avuto un ritmo lento e compassato. Insieme è stato necessario presentare alcuni dei protagonisti e le loro caratteristiche. Altri interpreti mancano all’appello e saranno introdotti meglio in seguito ma siccome è possibile che questa lentezza abbia un po’ assopito l’attenzione di chi legge, sono qui a chiedere allo stesso di risvegliarsi dal torpore. Adesso, infatti, la storia entra nel vivo e perché ognuno si faccia un’idea, è importante seguire i fatti con attenzione.
Tutto accade nel giro di pochi minuti, massimo dieci, quindici. In questo breve lasso di tempo avvengono movimenti di persone e cose che si risolvono nella certezza che sia avvenuto il furto di una importante somma di denaro.
Nel tentativo di dare al lettore i giusti elementi di valutazione, l’autore intende procedere nel racconto nel seguente modo. Prima una descrizione per quanto possibile “neutra” dei fatti, come se una telecamera dall’alto riprendesse cose e persone, pur sapendo che comunque tale visione non potrà essere esaustiva per via di angoli ciechi che concedono solo una visione parziale.
Poi cercherà di riportare nel corso del racconto il comportamento di ciascuno di loro, come se noi vedessimo quello che gli stessi hanno visto.
Dall’incrocio di questi dati, di questi differenti punti di vista forse il lettore potrà costruirsi un’idea sua di come sono andate le cose e in fondo, ma forse l’espressione è troppo forte, di chi è il colpevole.
ore 10:50: Paolo sta preparando il materiale da portare in banca: moduli per anticipazioni su fattura, qualche assegno bancario da versare, un piccolo gruzzolo di contante. La cifra complessiva sempre discreta, come capita al lunedì, visti gli incassi di ristorante e pizzeria del fine settimana, diventa quel giorno importante per via di un assegno circolare per un consistente, e lungamente atteso, rimborso di una sovra fatturazione Enel. Il materiale galleggia sul suo tavolo in un mare di carte dove solo lui riesce a orientarsi. In quel momento in ufficio è presente Carmen, ma la sua postazione è nell’altra stanza. Mimma invece che ha il tavolo accanto al suo è momentaneamente fuori.
ore 10:51: il cellulare di Paolo squilla, lui legge sul display che è una chiamata della moglie e pertanto si allontana dalla stanza per rispondere con maggior privacy. In quel momento nei paraggi dell’ufficio sono presenti: Mamadou e Simone, i due dipendenti che stanno tagliando l’erba con i decespugliatori, ma si sta avvicinando anche Giovanni che ha intenzione di parlare con Paolo per chiedere un anticipo, la sua situazione economica è diventata ancora più incresciosa del solito dopo che la Stradale l’ha trovato alla guida di un’auto senza assicurazione. C’è una forte multa da pagare e pensa solo a quello.
ore 10:53 Carmen ha ordinato una stampa dal suo computer e si sposta nell’altra stanza per andare a prenderla, visto che l’unica stampante funzionante è quella accanto al tavolo di Paolo. Entrando vede la cassaforte spalancata, tutti quei fogli incustoditi sul tavolo, tra cui nota l’assegno circolare già “girato” e scuote la testa in segno di disapprovazione per una simile disattenzione, poi è distratta dal rumore della stampante, si gira, raccoglie i fogli e torna a concentrarsi sul suo lavoro, è così attenta a quello che fa che tenderà presto a scordarsi i dettagli di quell’operazione.
Quando è entrata nella stanza di Paolo ha incrociato sulla porta Simone che vuole parlare con Paolo e non trovandolo sta un po’ traccheggiando con quell’aria intontita che gli è caratteristica. A quel punto entra anche Giovanni ma Carmen è già tornata al suo posto e pertanto se lo vede, scorge solo un’ombra. Dopo appena qualche minuto (due, forse tre) lo stesso si allontana di nuovo senza profferire parola.
ore 10:54: Mimma rientra dal ristorante, dove è andata per controllare l’agenda degli impegni e nota che i due giardinieri Mamadou e Simone stanno facendo una sosta e parlottano tra loro con aria complice. Osservandoli con attenzione e qualche sospetto le è quasi sfuggito di aver incrociato nelle scalette Giovanni che a malapena vede.
ore 10:56: in ufficio sono di nuovo tutti presenti, Paolo ha finito la sua telefonata, suo figlio Angelo sta poco bene. Da scuola hanno telefonato alla madre di andare a prenderlo e lei l’ha chiamato con un pizzico di urgenza. Il programma fatto in precedenza va in tilt e perciò niente passaggio in banca, deve andare svelto alla scuola, lascia tutto com’è sul tavolo e corre via. Mimma allora, un po’ preoccupata per quei soldi presenti sul tavolo che potrebbero stimolare le voglie di qualcuno, com’è successo solo qualche settimana prima quando un foglio da 50 si è “perso”, (ma secondo lei è stato rubato ed ha anche forti sospetti su qualcuno), Mimma – si diceva – prende tutto il materiale e lo mette con attenzione dentro la cassaforte, appoggiandolo sul ripiano di mezzo. Accosta i due sportelli, ma non trovando la chiave, non la chiude.
La cassaforte è un armadietto di metallo, alto 80, 90 centimetri, profondo 50 e largo 100, verniciato di grigio, appoggiato sul pavimento, vicino al tavolo di Paolo. Ha due ante e una grossa maniglia che si può ruotare solo dopo aver introdotto e girato la chiave. Dentro c’è un ripiano sempre di metallo che divide in due l’altezza, così i vari oggetti o valori possono essere appoggiati sul ripiano o direttamente sul fondo della stessa cassaforte.
ore 11,30: Carmen è arrivata alla fine dei conti, sentendosi più sollevata propone a Mimma, che in quel momento ha un attimo di requie dalle telefonate, di andarsi a prendere un caffè al bar, un’abitudine che si ripete quasi tutte le mattine. Si avviano perciò verso il ristorante parlando in modo rilassato, non chiudono a chiave la porta dell’ufficio che comunque si accosta dietro di loro per via della molla. Saranno di nuovo lì tra cinque, minuti. Paolo non tornerà se non la mattina dopo. La giornata di lavoro si avvia alla sua tranquilla conclusione.
Il mattino di martedì esplode il caso.
Paolo riprende in mano il materiale di banca per fare quello che lunedì non è riuscito a fare. Suo figlio è malato a casa, adesso con lui c’è una baby sitter e lui può con tranquillità riprendere il programma del giorno prima. Così ricontrolla i contanti, gli assegni e poi cerca, senza trovarlo, il circolare che rimpinguava la cifra da portare in banca.
Non si preoccupa molto, le altre non ci sono ancora e forse l’avranno conservato e messo da qualche altra parte. Così va in banca e deposita quello che ha.
Ma tornato in cooperativa si rende conto che l’assegno è sparito, nessuno l’ha conservato, Carmen sostiene di averlo visto sul tavolo quando lui stava per andare in banca, Mimma dice di averlo messo insieme alle altre cose dentro la cassaforte, quando lui se n’è andato. Adesso però non c’è, l’assegno non è né in cassaforte né da altre parti.
La conclusione, dopo aver rovistato dappertutto in lungo e largo, è una sola: qualcuno se l’è fregato.
È aperta la caccia al colpevole.
Siamo al mercoledì, giorno previsto per la riunione settimanale. Dura un’ora circa e ci partecipano Paolo, Mimma, Carmen, Alfredo e Fabio. Gli ultimi due, membri del consiglio di Amministrazione, trovano attraverso la riunione il modo di rimanere in maggiore contatto con le attività della cooperativa.
Quel mattino tutto è tranquillo, solita routine da esaminare, appuntamenti da fissare, cose da decidere. Poi, quando sta per finire, tanto che Fabio si è già allontanato, ritenendo che non ci fosse più nulla d’importante, Mimma dice qualcosa su un assegno che si è perso e immediatamente l’atmosfera cambia. Il fatto è oggettivamente grave, certo anche per il danno economico, l’assegno circolare ammonta a 2.123,54 euro, una cifra che certo non risolve i magri bilanci della cooperativa, ma avrebbe aiutato. Quello che disturba in un momento come quello, dove la crisi morde forte, non è solo perdere soldi in un modo così banale, ma anche inserire dubbi e sospetti in un’atmosfera interna già poco serena. L’aria comincia a diventare pesante e la tensione è palpabile. Alfredo, che conosce le dinamiche del gruppo, intanto inizia a sentirsi inquieto. Quel maledetto assegno non si trova più e qualcuno se l’è fregato. Il rischio è una spirale di ansie, sospetti, accuse e controaccuse in cui tutti rischiano di essere catturati.
Paolo pare difendersi e dice – ragazzi mi sono allontanato per due minuti, nell’ufficio non c’era nessuno, non posso mica mettere ogni volta tutto in cassaforte …
Mimma – certo che no, ma non si lascia un assegno già girato lì in bella mostra, con i tipi che girano quaggiù…
Paolo – c’erano anche dei contanti, allora perché non sono spariti quelli? Erano anche più facili da prendere. No, c’è qualcosa che non capisco.
Carmen – io non ho visto nulla, ero così impegnata… poi sono venuta qua per prendere una stampa e mi pare di aver visto l’assegno lì sul tavolo, ma…adesso, non so, non ne sono più sicura.
Mimma – io invece sono sicura di aver messo tutto dentro quando tu sei andato via in fretta, ma non ho fatto caso se l’assegno c’era in quel mare di fogli.
Alfredo nota dentro di sé che fino a quel punto lo scambio di accuse rimbalza tra i presenti, ma per quanto ancora – si chiede – sarà così?
Mimma giudica Paolo disordinato e confusionario e con quel brutto vizio di non comunicare mai dove va e cosa sta facendo, Carmen a volte fa le cose con poca attenzione, specialmente quando è immersa nei conti. Paolo tende a difendersi, anche perché ormai sa per esperienza che Mimma è sempre pronta a saltargli addosso. La verità è che il presidente è lui e forse pensa di meritare più considerazione di quella che le due ragazze gli danno.
La discussione fa un salto in avanti quando Alfredo decide di chiedere con calma: avete sospetti su qualcuno?
Segue un silenzio imbarazzato, nessuno ha il coraggio di fare nomi.
Se dobbiamo escludere noi – inizia con una notazione maligna Mimma – giravano per qui Mamadou e Simone, mi pare di aver visto anche Giovanni. Io tornavo dal ristorante ed ho notato quei due che parlottavano tra loro, erano nel vialetto, stavano facendo una sosta. Giovanni invece l’ho incontrato sulle scalette, come se fosse appena uscito, ma poi qui nessuno l’ha visto…
No, no, io qui dentro ho visto Simone – ribatte Carmen – mi ha detto di cercare Paolo, parlava piano e non guardava in faccia, ma come fa di solito,
Io ho visto tutti e tre, ma li ho solo intravisti – aggiunge Paolo – quando sono uscito per rispondere al telefono. Giovanni in questi giorni è teso per via dei soldi, mi ha già chiesto diversi anticipi.
Alfredo – mi state dicendo che Giovanni potrebbe essere il colpevole? Certo è sempre in bolletta e forse la tentazione potrebbe essere stata forte, una cifra del genere lo rimetterebbe al mondo. Ma vedo difficile che s’impegoli con un assegno, sa benissimo che poi si sgamerebbe subito. A proposito ma l’assegno non si può bloccare?
Paolo – è un circolare, non credo sia possibile, casomai possiamo avvertire la nostra agenzia di quello che è successo e se qualcuno si presenta con l’assegno che ci avvertano.
Mimma – anch’io credo poco all’ipotesi di Giovanni, se devo dire la mia, penserei a Mamadou che fa sempre il tonto, ma poi quando vuole ritrova tutta la verve. È stato per qui tutta la mattina, trovare il momento giusto per entrare senza esser visto era uno scherzo.
Alfredo – nessuno pensa a Simone, era con Mamadou o sbaglio?
Carmen – mah, quello dorme sempre, mi pare difficile che si sia svegliato tutto insieme.
Paolo – sentite è inutile stare qui a fare ipotesi, stiamo con gli orecchi aperti, se qualcosa è successo prima o poi qualcuno ce lo verrà a dire. Nel frattempo i soldi non sono ancora persi, adesso vado in banca e parlo col direttore.
Mimma non è del tutto d’accordo e fa una proposta – perché non proviamo a parlare con ciascuno di loro? Sarebbe un modo per far capire all’eventuale ladro che sappiamo cosa è successo e magari, guardandoli negli occhi, ci facciamo un’idea più chiara anche noi.
Quasi tutti accettano l’idea, Paolo si raccomanda che i colloqui non siano troppo inquisitori, ma gli altri gli fanno notare che un po’ di pepe sarà bene metterlo, altrimenti…
L’atmosfera non si può dire rasserenata, ma la proposta di Mimma passa con il dettaglio proposto da Alfredo che a condurre i colloqui ci sia anche lui insieme a Paolo e Mimma.
Per la maggioranza dei cittadini, invece, la Torre godeva di ottima salute ed era inutile spargere preoccupazione e paura. Erano altri i problemi che la città, secondo loro, doveva affrontare: per esempio come riuscire a rimanere in serie A o quale nuovo giocatore di basket ingaggiare, o più in generale come far sembrare Siena sempre più forte e potente, elegante e ricercata. La Torre era lì da sempre e dunque andava solo lasciata stare, affidata alle mani di chi fino a quel punto l’aveva curata.
È vero, qualche turista, dopo aver salito gli scalini della Torre, oltre a lamentarsi per la grande presenza di zecche e altri parassiti (regalo dei piccioni), aveva poi segnalato alle competenti autorità strani scricchiolii. Quei rumori sinistri si presentavano di solito in presenza di forte vento e nell’arrivare al primo pianerottolo qualcuno era stato colpito dal fatto che da alcune crepe sui muri maestri si vedeva il cielo. Perché dare credito a qualche timoroso, magari un po’ in “fissa” con la 626 e tutte quelle storie della sicurezza – di nuovo la voce dei più rispondeva a questi rilievi. In fondo da quanti anni la Torre stava su e faceva il suo mestiere?
E allora – proseguivano – stiamo tutti un po’ più tranquilli!
Andrea Friscelli
ANDREA FRISCELLI È NATO A SIENA, DOVE HA STUDIATO AL LICEO PICCOLOMINI E SI È POI LAUREATO IN MEDICINA NEL 1974. SPECIALIZZATO IN PSICHIATRIA, HA LAVORATO NEL SERVIZIO PUBBLICO FINO AL 2001, QUANDO SI È DIMESSO PER SEGUIRE A TEMPO PIENO LE VICENDE DELLA COOPERATIVA LA PROPOSTA CHE HA CONTRIBUITO, INSIEME AD ALTRI, A CREARE. HA PUBBLICATO PRESSO L’EDIZIONI IL LECCIO “DI STOFFA BUONA” (NOVEMBRE 2011) E “NELLA CRUNA DI UN AGO” (DICEMBRE 2012).PRESSO BETTI EDITRICE INVECE HA PUBBLICATO “L’ORTO DE’ PECCI E LE SUE STORIE” (SETTEMBRE 2014) E “LO SPLENDORE NELL’ERBA, LA GLORIA NEL FIORE” (DICEMBRE 2015)