“Catarsi. Il caso di Alice”, l’ultimo libro della psicologa e psicoanalista Laura Del Veneziano, rinviene nell’incontro il suo tema di fondo. L’incontro con l’altro, certamente, l’incontro con se stesso, in misura ancora maggiore. Venire al mondo, infatti, come ha scritto il filosofo Salvatore Natoli, “vuol dire soprattutto abitare la distanza”. In tal senso, già la crescita del bambino può essere interpretata come un distaccarsi dal seno della madre per poi incontrarla di nuovo nel mondo come altro da sé. E al pari di quello con la madre e con il padre, ogni altro incontro che facciamo è un importantissimo elemento identitario. L’identità, infatti, è sempre un fatto eminentemente sociale: noi siamo sempre il risultato di ciò che ci donano gli altri. Ciò spiega l’attenzione che Laura Del Veneziano ripone sin dalle primissime pagine di “Catarsi” nel tratteggiare le figure della sorella di Alice, delle amiche, della maestra cattiva – che è anche una “cattiva maestra” –, della maestra buona – che è anche una “vera maestra”. Sono questi incontri, infatti, che, assieme ad altri accadimenti, scolpiscono la personalità della protagonista del libro.
Ed è proprio su questi che l’autrice sapientemente insiste, dal momento che lo scopo che si prefigge è, come viene espressamente dichiarato nella Premessa, quello di mettere in luce il modo col quale Alice si rappresenta (si racconta) gli eventi vissuti – e dunque gli incontri che hanno originato quegli eventi – e “di come questi abbiano agito su di lei”. Accanto all’incontro con l’altro, centrale nel libro appare anche l’incontro di Alice con se stessa. Incontro affascinante, incontro decisivo. Ma incontro anche potenzialmente pericoloso, come ci ricorda anche Carl Gustav Jung: “Chi va verso se stesso rischia l’incontro con se stesso”. Non a caso, non sono poche le persone che lo evitano o che lo rimandano all’infinito: calandoci come palombari nelle profondità del nostro Io, infatti, può accadere di scoprirci ben peggiori di quanto abbiamo creduto fino a quel momento di essere (abbiamo voluto credere che fossimo): i giardini di rose e di viole che ci inventiamo alla superficie, nascondono la vista dei fiori del male che ci abitano e ci determinano. Eppure, questo incontro con se stesso è decisivo di un’esistenza e di un destino, sempre. E proprio perché Alice non si sottrae a questa esperienza rischiosa, riesce a distinguere con chiarezza tra quella che nel suo passato è stata una condotta deliberatamente scelta e quella che, invece, è stata una condotta imposta. Non solo. Ma aggirandosi nel sottosuolo dell’anima, apprende a restituire peso e significato a parole (e valori) come amicizia, fiducia, solitudine, raccoglimento, sincerità, così da approdare a un’esistenza finalmente autentica, nel senso mirabilmente chiarito da Tolstoj nel suo capolavoro “La morte di Ivan Il’ic”. Il passo che segue è tratto dall’incipit ed è preceduto, nel libro, dalla densa Prefazione di Lia Bronzi e dalla Premessa della stessa Laura Del Veneziano.
“Credo di essere nata nell’estate del lontano 1993 o forse anche nel 1994, nonostante io tenti di sforzarmi imponendomi di ricordare, non riesco a recuperare con esattezza il periodo di riferimento. Certamente era estate, senza alcun dubbio. L’estate per me era calda, solitaria, casalinga. Passavo ore ed ore a giocare all’aperto nel piazzale antistante casa mia, o nel verde che la circondava, insieme a mia sorella e alle uniche altre due bambine che abitavano nei dintorni. Il vantaggio della casa fuori dal centro cittadino, era che stare all’aperto significava davvero stare in mezzo alla natura, te ne sentivi parte e la sensazione era bellissima, ma, in compenso, la compagnia era difficile da trovare. L’altra metà del tempo, durante la mia infanzia, la consumavo in casa, sempre intenta ai giochi con la compagna di vita che i miei genitori hanno scelto di donarmi poco più di due anni dopo la mia nascita. Ricordo in maniera piuttosto vaga, una grande casa delle bambole (di quelle con il corpo perfettamente magro che andavano di moda ai nostri tempi) dotata di ascensore e di tutta la mobilia degna di una villa di tutto rispetto. Non ho mai amato le bambole, ma quella casa mi divertiva molto”.
Laura Del Veneziano, Catarsi, Edizioni Setteponti, Arezzo 2022
a cura di Francesco Ricci