Marcella Cintorino, Mia Teresina Amatissimo Giulio

Il racconto di un decennio (1910-1920) di vita di una famiglia senese, che ha al centro Giulio Nannizzi e Teresa Gianfaldoni, scandito dalla conoscenza, dal fidanzamento, dalla forzata separazione (prima a causa della leva militare, poi a causa della partenza per il fronte e della prigionia), dal matrimonio.  Il racconto di un decennio, lo stesso, della Storia d’Italia, segnato dalla conquista della Libia, dallo scoppio della prima guerra mondiale e dall’ingresso nel conflitto a fianco di Inghilterra, Francia e Russia, dalla fondazione a Milano dei Fasci di combattimento.

“Mia Teresina Amatissimo Giulio” di Marcella Cintorino può essere letto sia come un interessantissimo spaccato di storia locale, dove gli eventi e i sentimenti si intrecciano e si armonizzano, sia come una pagina delle vicende del nostro Paese che, di fatto, conosceva a inizio secolo la sua prima rivoluzione industriale, destinata a ridisegnare profondamente l’aspetto della società. Un periodo, quello al centro del libro, che naturalmente contiene anche significative aperture e in direzione del passato e in direzione del futuro, dal momento che la vita di una famiglia e la vita di un popolo sono sempre tanto eredità quanto lascito. Di conseguenza, lo stesso sottotitolo – “Amore e guerra nel primo Novecento” – deve essere inteso non già in senso definitivo, in senso statico, bensì in senso mobile, in senso dinamico: l’amore e la guerra sono stati quelli che io vi racconto, pare voler dire l’autrice, perché vengono da una storia pregressa e avranno delle conseguenze che si estenderanno ben oltre il 17 giugno 1929, il giorno delle nozze tra Giulio e Teresa, i nonni di Marcella Cintorino.

Sono loro i veri protagonisti del volume, che si presenta come un romanzo epistolare nel quale, però, la finzione è cancellata in nome dello scrupolo e del rispetto della verità documentaria. Quale verità? Quella contenuta in 189 lettere e in 38 cartoline, che i due fidanzati si scambiarono in un arco temporale compreso tra il dicembre 1910 e il settembre 1920. Da una parte, infatti, abbiamo le 76 lettere e le 21 cartoline di Giulio (ricche di passione e di ironia), dall’altra le 113 lettere e le 7 cartoline di Teresa (contrassegnate dalla sincerità e dal buon senso). A donare coesione all’insieme concorrono sia il ruolo di “editore” (nel senso che tale parola possiede nell’ambito del romanzo epistolare) che Marcella Cintorino interpreta con misurata discrezione sia le puntuali schede storiche di Paolo Leoncini, che servono a raccordare il particolare (Siena) al generale (l’Italia), la microstoria alla macrostoria. Alla fine, tra l’inutile massacro della Grande Guerra, con la sua strage industrializzata, e le parole pronunciate sottovoce da Teresa, che invitavano a resistere, a non cedere allo sconforto e alla rassegnazione, a continuare ad avere fiducia nell’avvenire e nell’amore, il lettore può rinvenire un’immagine dell’esistenza, quella di ieri, quella di oggi, che ogni uomo sente a sé familiare. Il passo che segue è tratto dall’introduzione di Marcella Cintorino. Il libro è prefato da Paolo Goretti.                   

“Dopo che nostra madre ci ha lasciato, nel febbraio del 2012, le mie sorelle ed io abbiamo convenuto di vendere la sua casa, ormai disabitata. Avevamo vissuto lì dal 1961 e del nostro nucleo familiare aveva fatto parte anche il nonno materno, Giulio Nannizzi: rimasto vedovo per la morte prematura della nonna Teresa, nel 1939, dopo soli 19 anni di matrimonio, aveva sempre vissuto con noi, anche nella precedente abitazione. Noi sorelle abbiamo lasciato la casa quando ci siamo sposate (rispettivamente nel 1970, nel 1978 e nel 1985), nel 1986 nostro padre è prematuramente scomparso e la casa aveva un’unica inquilina, nostra madre. Fino a quando è stata in vita non abbiamo toccato niente, quindi, prima di vendere l’abitazione, abbiamo dovuto svuotarla: un’opera pietosa, ma al tempo stesso foriera di tanti ricordi, rivissuti grazie alla testimonianza dei tanti oggetti accumulati durante il lungo periodo trascorso là con la nostra famiglia. Tra questi ci ha incuriosito una scatola di bottiglie di liquori (Stock, per la precisione) piuttosto grande, abbastanza vecchia, anche elegante, ornata da una bella stampa a colori sopra e al suo interno. La scatola era conservata sull’armadio che arredava la camera del nonno. Quando l’abbiamo aperta abbiamo scoperto che conteneva i suoi ricordi: moltissime lettere, cartoline, disegni, fotografie, le medaglie ricevute in guerra, le stellette militari, i suoi diplomi di istruzione, il libretto di lavoro, le tessere dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, regolarmente pagate finché è stato in vita, e addirittura, in una scatola a parte, alcuni fiori essiccati che molto probabilmente facevano parte del mazzolini da sposa di sua moglie, la nonna Teresa, insieme ai bigliettini, alle cartoline e alle lettere di auguri per il loro matrimonio”.

Marcella Cintorino, Mia Teresina Amatissimo Giulio, Il Leccio, Siena 2020

 

a cura Francesco Ricci