
L’ultimo libro di Riccardo Gambelli si sottrae a ogni facile classificazione di genere. Romanzo giallo, romanzo psicologico, romanzo di costume. Romanzo che dà conto del policentrismo, reale e virtuale, delle esistenze mobili e frettolose degli uomini e delle donne del Terzo millennio, se è vero che molteplici sono gli spazi della vicenda narrata e ben costruita: Bolgheri, Castiglioncello, Positano, Cecina, la Val di Cornia, Livorno, New York, Firenze. Una varietà di luoghi, questa, che viene controbilanciata a livello di struttura dall’impianto fondamentalmente diaristico del romanzo, dove ogni capitolo si apre con una puntuale marca cronologica (7 giugno 2018, 8 giugno 2018, 8 settembre 2018, marzo 2019…), che non esclude, in ogni caso, analessi che interrompono la linearità temporale.
D’altra parte, nelle “Fate di Bacco” i fatti (le azioni) sono importanti, come in ogni romanzo giallo che si rispetti, ma a me pare che ancora più importante sia l’indagine delle ragioni psicologiche che li determinano e la sottolineatura delle risonanze sentimentali che essi suscitano nei personaggi. Da questo punto di vista, l’ispettore Pontillo, che conduce le indagini relative all’uccisione del conte Pier Giovanni Trefonti, costituisce un doppio della voce narrante, che scava nei recessi della mente di coloro che lo hanno conosciuto, amato, odiato. Anche odiato, sì. perché il romanzo deve essere letto anche come una convincente raffigurazione della società contemporanea, fortemente segnata dal cinismo, dalla sete di successo e dalla brama di denaro, dalla superficialità, dall’egoismo.
La rude violenza verbale di alcuni dialoghi, come quello tra Titone, un sicario, e Arianna, una delle Fate di Bacco del titolo, è proprio funzionale a comunicare al lettore la violenza di un universo sociale sprovvisto di valori. Stando così le cose, estremamente rivelatrici e significative sono la pagina di apertura e la pagina di chiusura delle “Fate di Bacco”. L’incipit, infatti, è un poetico frammento notturno (“L’auto sfrecciava nel buio della notte, percorrendo il meraviglioso viale di cipressi che conduce a Bolgheri”), l’explicit è la descrizione di un interno domestico, dove un uomo stringe con tenerezza la mano di una donna morente (“Carlo Mariotti le teneva dolcemente la mano, con immenso amore, quello di una vita”). La bellezza e l’amore: esistono forse altre difese di fronte all’avanzare della malvagità e dell’aridità del cuore? Il passo che segue è tratto dal primo capitolo:
“L’auto sfrecciava nel buio della notte, percorrendo il meraviglioso viale di cipressi che conduce a Bolgheri. Aveva fretta di arrivare al casale, finalmente avrebbe potuto realizzare il suo desiderio, quindi spingeva forte sull’acceleratore, per raggiungere più veloce possibile il potere magico della gratitudine. Era abituato a transitare su quella strada di giorno, e tutte le volte poteva ammirare il fascino di quei cipressi, vigili come sentinelle, ed austeri come guardie del Vaticano, fieri di accogliere la gente all’interno dell’antico borgo, reso immortale dai versi di Carducci: i cipressi che a Bolgheri alti e schietti van da San Guido in duplice filar. Per lui era diventata la normalità ritornare con la memoria a quei passi del poeta, ma stavolta no, era troppo concentrato ed emozionato per quello che avrebbe vissuto di lì a poche ore”.

a cura di Francesco Ricci