Riccardo Intruglio, Il trionfo del nulla

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Romanzo terribile, “Il trionfo del nulla” di Riccardo Intruglio. Fiore del male che nasce al punto d’incontro tra il Naturalismo francese e la psicoanalisi di Sigmund Freud e dei suoi allievi, più o meno ortodossi. Da un lato, infatti, vi si rinviene l’idea, già cara a Emile Zola, del peso determinante che possiede l’ereditarietà biologica nell’agire dell’uomo; dall’altro, vi si ravvisa un’attenzione costante per i sottosuoli dell’anima, dove pulsioni elementari, complessi irrisolti, desideri inconfessabili, traumi infantili, ricordi remoti dei primissimi anni di vita, convivono caoticamente gli uni vicino agli altri, condizionandoci in maniera decisamente maggiore di quanto comunemente si creda. Romanzo terribile, fiore del male. La vicenda narrata nel “Trionfo del nulla” si colloca prima di ogni uso della ragione, prima di ogni fondazione della religione: non la condizione umana, bensì la condizione sacrale sta a cuore a Riccardo Intruglio. L’indistinto, la follia, il sangue, il corpo ridotto a brandelli. Dioniso e l’impuro.

La vicenda che vede protagonisti i due ricchi fratelli Mannati, Carla e Duilio, è fondamentalmente una vicenda di angoscia e di morte, che solamente in apparenza rinviene lo spazio del suo svolgimento sul piano della cronaca nera, sul piano della storia locale (le Crete Senesi). In realtà, “Il trionfo del nulla” possiede il sapore della saga, della leggenda, del mito. Dall’inizio alla conclusione, infatti, è grandiosamente attraversata da un afflato eschileo, al punto che ad apparire trasmissibile, alla fine, più che “l’originaria lesione organica” menzionata da Zola nella prefazione a “La fortuna dei Rougon”, risulta essere la colpa, la quale, secondo la convinzione del grande tragediografo greco, se non viene punita in colui che l’ha commessa, lo sarà nei suoi discendenti. Nessuna fuga è ammessa, nessuno scampo è mostrato. L’ordine infranto necessita di venire ricostruito, perché il cosmo non ammette crepe, e dove il cosmo soffre, il caos riacquista forza.

Patrizio e Consuelo, i genitori di Carla e Duilio, non sono creature innocenti – nessun personaggio del “Trionfo del nulla” lo è – e al pari di tutti anche loro due poco alla volta vedono la propria libertà di scelta convertirsi in dipendenza: dall’alcol il primo, dal sesso la seconda. Disturbo, mania, patologia. La scienza medica ha imparato a distinguere e a curare certe malattie della mente: la civiltà non può ammettere la distruttività del sacro. Ma nel romanzo di Riccardo Intruglio ciò non avviene, ciò resta sotto traccia, sebbene due personaggi di assoluto rilievo (Egidio Galvani ed Ernesto Lamiere) esercitino la professione medica, il secondo sia perfino uno psichiatra. Non solo, ma nel “Trionfo del nulla” – titolo che non casualmente richiama il dannunziano “Trionfo della morte” – la vittoria del Male (disturbo, mania, patologia) è un trionfo completo, che non si appaga della sconfitta dell’avversario, ma ne esige la cancellazione, l’estinzione. Ora e per sempre. Qui siamo oltre Eschilo: la colpa la scontano i genitori, la colpa la scontano i figli. Ci fossero, la sconterebbero anche i nipoti. Perché ogni casato o famiglia – anche i Mannati – può espellere il veleno che a un certo punto ha cominciato a penetrare nell’organismo soltanto a patto di farsi un nulla, di farsi il nulla. Il passo che segue è tratto dal capitolo iniziale: la bellezza e l’ordine della scrittura come argine – fragile e illusorio – dinanzi all’orrore e al caos dell’“exsistere”.                

“Sedotto e abbandonato dalle nuvole, il cielo sopra alle campagne toscane, a pochi chilometri di macchina da Siena, come un occhio dopo aver a lungo pianto, s’era lasciato alle spalle quei terribili acquazzoni nel segno dei quali era cominciato il mese di novembre. Un vento freddo correva lungo le schiene erbose delle colline, sollevate come dolci protuberanze prossime a sfiorarsi, e nel pulviscolo speziato dei camini accesi, dalla Val d’Orcia alle Crete Senesi, nell’aroma delle castagne rigirate sulla fiamma, tra le fronde dell’Abbazia di Monte Uliveto Maggiore e lungo la pietra, serena, di Via Montanini, faceva la sua prova generale l’inverno. Gli animali avevano già intuito. Sul tartufo umido dei cani da guardia di ville, appartamenti con terrazza e riserve di caccia si era posato un odore noto solo a loro, ed essi abbaiavano inermi, maledicendo il freddo che già suonava i violini nelle loro cartilagini. Scoiattoli e pipistrelli avevano fatto ritorno ai nidi caldi, dove è meno doloroso l’inverno. I colori erano cambiati sulla grande tela del Creato e uscivano dalla naftalina degli armadi cappotti grigi e si alzavano sciarpe scure a coprire nasi tumefatti: le prime riniti e i primi virus parainfluenzali”

 

Riccardo Intruglio, Il trionfo del nulla, Porto Seguro, Firenze 2020

A cura di Francesco Ricci