Rosanna Pavanati, Il Templare, la Principessa e la Balia

“Il Templare, la Principessa e la Balia”, il titolo del bel libro di racconti di Rosanna Pavanati, è un titolo fortemente evocativo. Richiama subito alla mente del lettore, infatti, tre figure che possiedono una loro centralità a livello letterario: quella del monaco guerriero, quella della protagonista di tante fiabe, quella della nutrice che, spesso dietro compenso, allatta il neonato.

Tre figure simili, nella loro importanza, ma non uguali. Infatti, solamente per la balia si può parlare di una vera e propria diacronia (dal teatro antico al romanzo novecentesco), mentre le altre due appaiono confinate entro una cornice temporale più ristretta. In particolare, la principessa rimanda a quel tempo-non tempo proprio del genere della fiaba (“C’era una volta…”), mentre il monaco guerriero, tra cui rientra anche il templare, al basso Medioevo (l’Ordine del Tempio, riconosciuto dalla Chiesa nel 1129, venne soppresso nel 1312 dal Concilio di Vienna). Da questo punto di vista, Siena e le terre di Siena (Monteriggioni, Abbadia a Isola, la Val d’Orcia) raffigurate nel periodo compreso tra l’XI e il XIV secolo, svolgono anche la funzione di ricondurre a unità spazio-temporale quelle spinte centrifughe che la principessa (col suo tempo-non tempo) e la balia (col suo tempo dilatato) possono generare, possono suscitare. Accanto alla definizione precisa dello spazio, però, un altro elemento interviene ad ancorare i racconti al Medioevo: la cura delle descrizioni.

Un indumento, un utensile, una pozione, un ambiente chiuso, una consuetudine, una pratica religiosa, un mestiere, tutto in questo libro viene rappresentato a partire dalle conoscenze e dai documenti che possediamo in relazione all’“età di mezzo”. Lo stesso meraviglioso presente in alcuni dei racconti – ad esempio, in “Il monachello di Fungaia” e “Al grido di viva Maria” – appartiene pur sempre alla categoria del “meraviglioso cristiano”, dove (si pensi al poema del Tasso) gli interventi divini e demoniaci rispondono alla verità della Fede, ponendosi, dunque, ben lontani dal fiabesco e dal fantastico propri del poema cavalleresco. Tuttavia, “Il Templare, la Principessa e la Balia” nel momento stesso in cui esibisce una cura estrema per la verosimiglianza storica, tradisce – a me pare – anche l’ambizione di confrontarsi, in maniera certo fortemente mediata, con alcuni questioni e alcuni problemi ancora vivi e attuali, come l’odio religioso, la forza dei pregiudizi, il comportamento irrazionale dell’individuo nella folla, l’ignoranza anteposta alla competenza. Insomma, il piacere della lettura, dell’immersione in un’epoca remota dal nostro tempo, non appare mai disgiunto dalla responsabilità della riflessione e della consapevolezza. Il passo che segue è tratto dal primo racconto. Impreziosiscono il volume i disegni di Mario Tassoni, le fotografie di Antonio Vona, i brevi saggi di Benucci, Biliorsi, Coli, Ricci, Toti.           

“I capelli biondi della donna risaltavano nella cappella al lume delle candele, mentre i volti dei pellegrini erano per lo più scuriti dal sole preso durante il viaggio e avevano contorni imprecisi nell’ombra che variava al guizzo delle fiammelle. “Sembra una Madonna dipinta da un pittore del Nord” pensava il giovane e si sorprendeva ad ammirare il candore del volto, i lineamenti delicati, un che di aristocratico che si intuiva nella figura della pellegrina. Già aveva dovuto tenere a bada i propri sensi quando la giovane donna si era bagnata, protetta dalla semplice veste, nelle acque là dove l’Elsa creava una piccola ansa e una riva ghiaiosa. I pellegrini si erano tolti i sarrocchini e si erano immersi nelle acque limpide. I volti avevano ritrovato i loro lineamenti, prima alterati dalla polvere raggrumata dal sudore, e i piedi gonfi per il cammino avevano cercato sollievo temporaneo nella frescura offerta dal fiume. Il giovane era avvezzo a quell’esercizio di imbrigliamento dei propri sensi, ma sapeva che la notte da trascorrere nello stanzone comune, adibito a dormitorio, sarebbe stata lunga e che solo la preghiera gli avrebbe forse dato conforto, distogliendolo dal pensiero di quei capelli inanellati e di quelle membra aggraziate”

 

Rosanna Pavanati, Il Templare, la Principessa e la Balia, Betti, Siena 2020

a cura di Francesco Ricci