Fare divulgazione è sempre difficile. Si rischia o di apparire banali o di risultare oscuri. Banali, perché si finisce a volte con lo spiegare anche i concetti che, in realtà, non avrebbero bisogno di venire chiariti al lettore, anche a chi possieda una cultura medio-bassa. Oscuri, perché l’abitudine a scrivere testi rivolti solitamente a un pubblico di specialisti – di addetti ai lavori – alla lunga, al di là delle buone intenzioni, rende fallimentare il lavoro dell’autore sui termini utilizzati, sull’esposizione, sugli esempi addotti, che costituiscono di fatto gli elementi indispensabili per fare una buona divulgazione.
E’ anche alla luce di queste considerazioni, che “Come funziono”, il libro di Silvio Ciappi (psicologo, psicoterapeuta, criminologo clinico) che inaugura la collana “Nous”, risulta apprezzabile e importante. Per mezzo di una scrittura limpida, infatti, avvalendosi anche di immagini, schemi, schede, Silvio Ciappi offre un inquadramento essenziale e generale dell’Io e del suo modo di funzionare. Il Controllo, la paura, il giudizio, la perdita, analizzati come modi di essere nel mondo e non già come sintomatologie psicopatologiche, il fobico e il depresso, i tipi e le figure di attaccamento, il rapporto genitori-figli, trovano in “Come funziono” una loro sicura sistemazione in vista (e in preparazione) di un confronto serrato con i classici della letteratura psicologica.
“Il funzionamento depressivo è caratterizzato dalla messa in atto di comportamenti e strategie volte a controllare e inibire le emozioni dolorose, e ad escludere tutte quelle informazioni che potrebbero portare a un’attivazione del sistema di attaccamento, all’interno di una visione pessimistica della realtà. Attraverso il coinvolgimento in attività impossibili, si convalida l’idea pessimistica del fallimento individuale. La finalità di tutto questo è esclusivamente quella di mantenere una distanza ottimale con la figura d’attaccamento. Spesso la famiglia del depresso è composta da genitori visti come rifiutanti o indifferenti. In questo genere di nucleo, il bambino incorpora un’esperienza di perdita effettiva. Sente che è vissuto come “un peso” dai genitori e tenderà, anche da adolescente e da adulto, a percepirsi sempre come tale. Ciò può accadere anche in caso di malattia o morte di un genitore. Il genitore cui sarà affidato il figlio, eserciterà su di lui un controllo che non implica il minimo coinvolgimento affettivo. Altro tema prevalente è quello del rifiuto. Nonostante ciò, la persona con funzionamento depressivo non si sente sola. Solo i fobici hanno paura della solitudine, ovverosia del distacco e motivo da una figura protettiva. Il depresso ha, in effetti, una certa confidenza con la solitudine perché sa, fin da piccolo, che deve risolvere i suoi problemi da solo”.
a cura di Francesco Ricci
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