
Nel decennale della Marcia su Roma Sherlock Holmes e il Dottor John Watson lasciano Londra per recarsi in Italia, in un piccolo borgo della Toscana, Monticello Amiata, “cuore dell’industria del mercurio”. La ragione del viaggio è condurre felicemente a termine una complessa indagine di respiro internazionale, che rinviene il suo snodo fondamentale nella gestione e nel declino della Cassa rurale cattolica di prestiti e risparmio (operativa nel paese tra il 1910 e il 1947). In realtà, come sa bene ogni lettore di Arthur Conan Doyle, al quale si deve la creazione del personaggio di Sherlock Holmes, nel 1932 – l’anno in cui si svolge l’avventura italiana del celebre detective – non solo il ciclo di romanzi che lo vedono protagonista poteva dirsi ormai concluso (“Il taccuino di Sherlock Holmes”, infatti, è del 1927), ma anche lo scrittore di origine scozzese era già morto, per la precisione nel 1930.
Da questo punto di vista, “Sherlock Holmes e i segreti di Monticello Amiata” deve essere considerato in primo luogo come un’ulteriore conferma della fortuna nel tempo del personaggio uscito dalla penna di Arthur Conan Doyle, fortuna che interessa l’ambito letterario, cinematografico, televisivo. Stavolta a immaginare un nuovo caso per Sherlock Holmes è lo storico e antropologo Simone Fagioli, e lo fa in un libro che coniuga alla perfezione invenzione e verità. L’invenzione è quella legata all’ideazione e alla strutturazione dell’intreccio, la verità è quella che rimanda alla storia italiana e toscana (politica, economica, sociale) colta in un’ottica particolare e ristretta, quella del comune di Cinigiano, di cui Monticello Amiata è una frazione, in provincia di Grosseto. Come ciascun lettore può verificare e ha verificato di persona, non sempre l’operazione di saldatura tra la finzione narrativa e la realtà storica riesce bene. Il rischio è quello di finire con l’accordare uno spazio decisamente maggiore alla prima o alla seconda componente, con l’inevitabile conseguenza di appiattire il romanzo, specie se questo inerisce al sottogenere del giallo, o sull’inverosimile o sul documento e sulla cronaca locale. Non è questo il caso di “Sherlock Holmes e i segreti di Monticello Amiata”. Il libro, infatti, è godibilissimo, complice la qualità della scrittura, pulita e mai ridondante, sia per chi desidera vedere messa alla prova una volta di più l’inimitabile capacità deduttiva che contraddistingue il famoso detective, sia per chi è curioso di conoscere come si viveva negli anni Trenta dello scorso secolo nella provincia italiana. Illuminano e impreziosiscono il testo le illustrazioni di Angela Isolini, che sanno descrivere ambienti (e caratteri) ed evocare atmosfere ormai lontane nel tempo. Il passo che segue è tratto da capitolo iniziale, intitolato “Bagno turco”.
“La voluta di fumo denso della mia pipa si mescolava al vapore tiepido dell’ambiente, creando una foschia lattiginosa che attenuava i contorni severi di questo insolito sancta sanctorum di pulizia corporale. Il mio caro amico John, fedele assistente-biografo nonché medico di fama, giaceva sul lettino accanto, la sua fisonomia bonaria abbandonata a una placida, benché effimera, serenità. E4ra in questi momenti di rilassamento fisico, paradossalmente, che la mia mente si sentiva più libera di vagare, di sviscerare gli enigmi che la quotidianità londinese offriva con una sua sorprendente prolificità, senza cadere in vincoli che a volte gelavano la mia mente. “John, – esordii, percepivo la mia voce resa leggermente roca dall’umidità satura dell’aria – mi ha interrogato, se la memoria non m’inganna, sui miei casi, come dire… più esotici dell’ultimo periodo.” Il dottore emise un vago mormorio di assenso, gli occhi celati dalle palpebre socchiuse. “Ebbene, – proseguii, estraendo con un gesto rapido e inatteso una busta dalla tasca interna della mia giacca appena lì vicino – ecco un frammento della matassa che ha assorbito le mie energie negli ultimi tempi, ben esotica direi, per la nostra visione.” Gli porsi il biglietto, un cartoncino del Carlton Club recante un messaggio conciso quanto potenzialmente foriero di sviluppi complessi. La firma era di Sir James Damery. Nome noto non tanto per le sue imprese personali quanto per la sua abilità nel districare intricate faccende private, quelle che la luce impietosa della pubblica opinione non deve mai illuminare. Uomo di mondo avvezzo a sfumature e silenzi, che si rivolge proprio a me. La qual cosa di per sé costituisce un indizio di non trascurabile importanza”
Simone Fagioli, Sherlock Holmes e i segreti di Monticello Amiata, Effigi, Arcidosso 2025
A cura di Francesco Ricci