La poesia, a partire dalla seconda metà del Novecento, ha assunto progressivamente l’aspetto di una casa nella quale il coro di voci che risuonano è un coro di voci dissonanti. Lingue, pronunce, inflessioni diverse si rincorrono e si mescolano. Plurilinguismo e pluristilismo. Registro alto e registro basso. La parola aulica, preziosa, letteraria, convive accanto alla parola d’uso, al neologismo, al forestierismo. Contaminazione e ibridismo come estremi tentativi di afferrare una realtà sempre più sfuggente e complessa o, al contrario, di dare conto della radicale assenza di significato dell’esistenza.
“La venere arguta” di Susanna Benigni (BookSprint Edizioni) è un libro composito sotto diversi punti di vista. Contiene testi in versi e testi in prosa, aforismi e ampie riflessioni. Accosta citazioni d’autore (Wilde, Auerbach, Merini) e detti popolari (“Meglio un giorno da Leoni che 100 da pecora”). Giustappone sintagmi preziosi (“empireo emular”, “sacrificanti saggezze”, “ampollosa fine”) e termini volgari (“stronza”, “merda”, “puttane”). Lascia coesistere il tono elegiaco col tono ironico, talora perfino sarcastico. Tuttavia, “La venere arguta” è anche un libro unitario, dal momento che l’autentico tema di fondo – declinato, variato, sfumato – è il trascorrere del tempo, la cui azione trasformatrice è colta tanto nelle cose e nel paesaggio quanto nelle persone e nel soggetto lirico.
A cambiare con le stagioni non è soltanto il profilo della campagna toscana (i colori, i profumi, i prodotti della terra), ma anche le sembianze delle persone che amiamo (bellissimi i versi dedicati alla figura paterna) e i sentimenti che con le loro lame ci tagliano il cuore, mutando il nostro sguardo sul mondo. La poesia che segue si intitola “La raccolta delle Ossa”.
“Dopo una vita passata in prima linea,
a difendere la trincea deserta
di una guerra mai esistita,
tra fazioni che s’ignorano…
una mattina ebbe inizio la raccolta delle ossa.
Oltre la nebbia, in silenzio,
stanandole da ogni colpo inferto.
Perché il tempo vuole tempo
ed io credevo di saperlo.
Non lasciate che nessuno vi costringa alla carestia.
E allora il cuore fanatico resuscita”.
a cura di Francesco Ricci
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