“Nessuna fantasia arriva a concepire certe follie”. Così Luigi Pirandello, scrittore e drammaturgo, nonché Premio Nobel per la Letteratura, sentenziò a inizio Secolo scorso ne Il fu Mattia Pascal. Quanto affermato dal nostro poeta patriottico, se leggiamo le recenti pagine di cronaca nera, è decisamente attuale. Matteo Cagnoni, il dermatologo ravennate, è attualmente accusato di uxoricidio, cioè dell’assassino della moglie (dal latino: uxor = moglie e un derivato di càedere = uccidere). Chi è Matteo Cagnoni? Un medico professionista che non più di tre anni fa organizzò una serata con un’associazione promotrice di campagne contro la violenza sulle donne. Fosse vera, questa storia avrebbe dell’incredibile.
La prima cosa che viene in mente è: che cosa può scattare nella mente di un uomo per indurlo a perpetrare un delitto efferato come quello commesso nei confronti di Giulia Ballestri, moglie quarantenne, morta il giorno del suo quarantesimo compleanno, con il cranio frantumato da bastonate? Se i fatti fossero accertati, compito della magistratura e non certo di giornalisti o psicologi, cosa avrebbe potuto indurre un medico dermatologo di successo, più volte apparso per motivi professionali sui teleschermi, a lasciare uccisa al suolo la propria congiunta, seppur in fase di separazione, con solo il reggiseno indosso? L’indagato dichiarò in una non remota intervista di essersi trasferito a Ravenna anche per amore e di essere contento della sua vita. Tutto questo, quanto meno, fino a l’altro giorno.
L’uomo, che dopo l’omicidio di cui è accusato ha salutato Ravenna con i tre figli avuti dalla moglie, è stato fermato lunedì dalla polizia nella villa fiorentina dei genitori, dopo un tentativo di fuga. Ora è a Sollicciano ed è indagato per omicidio pluriaggravato e occultamento di cadavere. Le cronache sottolineano che i due stavano vivendo un periodo di crisi e Giulia aveva deciso di lasciarlo. Immaginiamo quante possono essere le coppie che vivono un momento di crisi e uno dei due decide di lasciare l’altro? Impossibile quantificare una stima del genere. Cosa potrebbe dunque stare all’origine di una siffatta follia? Che cosa accade nella mente di un essere umano che diventa disumano? In che modo il dottor Jekyll si trasforma nel signor Hyde? Notizie di questo tipo, non possono che indurre a riflettere. Premurosi padri di famiglia, insospettabili professionisti, nonché apprezzati uomini da amici e vicini di casa, con stili di vita comunemente etichettati come normali, riempiono spesso i titoli delle pagine di cronaca nera. In questi casi è proprio la regolarità degli stili di vita che spaventa il pubblico. La tendenza comune, spinta da un processo psicologico di base dell’essere umano quale il pregiudizio, è quella di prendere le distanze da chi è diverso da noi, spesso identificato nell’immigrato, nel folle, nel pazzo o nel tossico.
Quando invece colui che è accusato è simile a noi, le coscienze di svegliano, gli animi si agitano e lo sgomento aumenta. Fatti che vanno al di là dello stereotipo sono più sconvolgenti di altri. Quando l’atto efferato è commesso da uno di noi, da uno come noi, sia che si tratti di una patologica reazione alla gelosia, di malattia grave o disturbo di personalità, spaventa e crea nelle menti ciò che la psicologia sociale ha definito una dissonanza cognitiva, cioè una complessa situazione in cui credenze, nozioni e opinioni si scontrano tra loro. Uccidere il partner perché la relazione non è più armonica è un’azione che non si forma in una mente sana. Fin qua siamo tutti d’accordo. Analizzando però siffatti avvenimenti aumentando i gradi di osservazione, stiamo assistendo, in altre parole, alla crisi della figura maschile nella società. Il non saper accettare un rifiuto può portare la mente a compiere azioni impensabili. Esistono dei chiari segnali che possano permettere di prevenire questo grave disagio? Purtroppo no.
Dobbiamo probabilmente iniziare a pensare che istinti omicidi possono scattare anche nelle menti dei più insospettabili? Basta con i luoghi comuni. Ad uccidere, non sono solo i disperati, i pazzi, coloro che vivono ai margini della società ma sono persone simili a noi che, all’interno di un contesto sociale che talvolta di umano ha ben poco, si abbandonano a tragici momenti di follia.
Dott. Jacopo Grisolaghi
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo e Dottore di Ricerca in Psicologia Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica
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