Via libera della Camera al decreto sull’Imu. Il provvedimento che converte il decreto approvato il 31 agosto di fatto abolisce definitivamente la prima rata dell’imposta sugli immobili e contiene alcune misure sulla cassa integrazione, sugli esodati e anche interventi per l’emergenza casa. Il dibattito sulla sorte dell’IMU ha attraversato il Paese e certo non si conclude con l’approvazione del decreto in questione. Siamo certamente soddisfatti della cancellazione della rata; non sfugge tuttavia che l’abolizione di questa imposta riduce di fatto la possibilità di applicare una significativa detassazione su altri capitoli, e forse dovremmo affrontare con maggiore forza il tema del trasferimento della tassazione dal lavoro ai beni immobili. Ce lo chiedono tanto le forze produttive nazionali quanto le istituzioni internazionali.
Note positive di questo provvedimento sono senz’altro i 500 milioni stanziati per la cassa integrazione in deroga, ed i 600 milioni per sanare la situazione di alcune categorie di esodati. Si aggiungono a questi i circa 7 miliardi stanziati per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione.
Nel decreto è presente inoltre la riduzione della cedolare secca sugli affitti a canone concordato dal 19 al 15% che è almeno un tentativo per provare a calmierare il mercato degli affitti, l’esenzione IMU sugli immobili invenduti, per favorire il mercato edile in profonda crisi, e l’esenzione per i fabbricati rurali. Rimane da affrontare la questione relativa ai beni immobili strumentali delle imprese, per i quali le aziende sostengono costi francamente eccessivi.
La Camera dei deputati ha poi approvato il disegno di legge sull’Abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. A favore hanno votato Pd, Pdl, Scelta civica e la Lega Nord; Fratelli d’Italia si è astenuta; M5S e Sel hanno votato contro. Il testo approvato è diverso da quello originario presentato dal governo: le modifiche riguardano innanzitutto il “tetto” delle donazioni ai partiti che sarà di 300 mila euro l’anno per i privati, e di 200 mila per le persone giuridiche.
É prevista inoltre una penalizzazione nei contributi per i partiti che non promuoveranno l’impegno delle donne in politica. Tra le altre misure introdotte: maggiori fondi per la Cassa integrazione dei dipendenti dei partiti; una soglia alle detrazioni fiscali e agevolazioni per le donazioni, a partire dal taglio delle commissioni per quelle effettuate con carte di credito e possibilità di raccogliere fondi esenti da Iva. Il finanziamento si ridurrà a scalare nei prossimi quattro anni, al fine di consentire il passaggio graduale da un regime di rimborso pubblico ad una modalità di contributo volontari.
Il provvedimento ridefinisce i principi attraverso cui la politica si finanzia. Perché se è vero (ed è vero) che la possibilità di svolgere attività politica in passato è stata garantita soprattutto dal finanziamento pubblico, sappiamo anche che le strutture territoriali dei partiti raramente hanno beneficiato di tale finanziamento. Sappiamo inoltre che molta della sfiducia dei cittadini verso i partiti deriva dall’uso “improprio” che talora di questo finanziamento è stato fatto. Dunque ripartire dal contributo individuale, incentivato dalla possibilità di usufruire di detrazioni fiscali, ma sempre assumendone la natura di volontarietà. Forse anche questo è un modo per ripartire dai territori e per lavorare per una maggiore trasparenza.