Il fatto politico di questa settimana è il voto di fiducia al nuovo Governo presieduto da Matteo Renzi. Si tratta di un passaggio delicatissimo che ha lasciato molti elettori del nostro partito disorientati. Credo che questa fosse l’unica alternativa possibile per il rilancio di questa legislatura, a patto che di rilancio vero si tratti.
La condizione è che questo passaggio porti con se non solo un cambio di squadra, ma un cambio di gioco. Il merito di Matteo Renzi è quello di aver saputo coinvolgere una larga fetta dell’opinione pubblica e personalità lontane dalla politica dentro un progetto di riforma dell’Italia. La nostra attesa è che le energie migliori dell’Italia siano e restino protagoniste di un percorso di elaborazione che dovrà dare forma alle scelte politiche di Renzi. Questo percorso necessita di essere messo alla prova, cambiando forma ma non sostanza alle aspirazioni che ha messo in moto, sia nelle scelte sugli atti del Governo sia nei percorsi, più lunghi e complessi, dell’arrivo delle riforma nelle aule del Parlamento.
In queste ore è incorso il dibattito sulla fiducia. Molti commenti si sono soffermati sullo stile e sui toni del discorso che il Presidente del Consiglio ha fatto al Senato. Preferisco concentrarmi sui contenuti perché le attese sono molte ed urgenti e per uscire da una situazione ‘esplosiva’, come quella in cui si trova il nostro paese, è necessario individuare quali sono i nodi fondamentali della nostra società che occorre sciogliere al più presto con interventi concreti e azioni mirate.
Credo debba essere riconosciuto a Renzi il merito di dare un’attenzione primaria al tema della scuola, che riguarda gli studenti gli insegnanti, educatori, ma soprattutto le famiglie ed il futuro del nostro paese.
Un’attenzione non solo simbolica, visto che un intervento di sblocco degli investimenti sull’edilizia scolastica avrebbe come risultato l’attivazione di un piano di piccole opere capaci di far ripartire molte imprese. Imprese verso cui il Presidente del Consiglio ha preso un altro grande impegno: lo sblocco totale dei debiti della pubblica amministrazione ridisegnando l’ambito di azione della Cassa Depositi e Prestiti.
Renzi ha parlato di lavoro: mettendo in agenda un intervento sul lavoro che parte da un taglio decisivo del cuneo fiscale (a due cifre) capace di rimettere in moto i consumi interni grazie ad un ritorno alla capacità di acquisto dei lavoratori italiani, e prevedendo strumenti di sostegno universale per i disoccupati.
C’è un tema di fondo che è quello del recupero della fiducia dei cittadini verso le istituzioni; e la fiducia si compone di una serie di misure complesse e diverse che vanno da un ripensamento del Senato ad un nuovo rapporto tra cittadini e fisco, ma passa inevitabilmente dalla capacità di questo governo e di questa legislatura di realizzare le riforme proposte. La nostra credibilità è alla prova, e la responsabilità che portiamo verso il paese coinvolge l’esistenza stessa del progetto riformista di cui siamo portatori.
Non è possibile adesso riassumere tutti i passaggi del programma di governo presentato: la tradizione europeista che raccoglie la parte migliore dell’Italia, la necessità di trovare un accordo sui diritti frutto di un confronto reciproco. Sottolineo però un tema che interessa molto da vicino Siena ed il suo territorio: quella della relazione tra cultura ed impresa. Siena si sta muovendo verso una filosofia della crescita che vede nella cultura un motore trainante capace di coinvolgere investimenti pubblici e privati. Un modello che coinvolge un acceso dibattito sui luoghi, a cominciare dal Santa Maria della Scala, e si riempie di speranza nella scommessa sulla candidatura a Capitale Europea della Cultura. Trovo particolarmente incoraggiante il passaggio del Presidente del Consiglio in cui suggerisce di unire distretti tecnologici e distretti culturali come investimento sul nostro futuro, una unione capace di garantire opportunità alle tante professionalità che insistono sul nostro territorio. É certo che senza coraggio questo Paese non si cambia, ed è giusto dunque che ognuno si assuma le proprie responsabilità e si cimenti nella sfida possibile. Nella nostra tradizione politica e culturale non c’è mai stata la passiva identificazione in un leader; e laddove è esistita essa è stata foriera di clamorosi errori di prospettiva. É per questo che la sfida possibile è la sfida di tutti, in primo luogo di un partito, e dunque di una comunità di persone che si riconosce in un obiettivo condiviso e in comportamenti che faranno prevalere l’interesse collettivo rispetto all’affermazione dei singoli.
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