Il Comune di Chiusi si schiera per un diritto di scelta per i rifugiati provenienti dalla Libia. In altre parole, chiede il rilascio di un titolo di soggiorno a tutti coloro che hanno richiesto asilo. La posizione dell’assessore Andrea Micheletti e del sindaco Stefano Scaramelli è netta: entrambi hanno sottoscritto un appello lanciato dal progetto “Melting pot Euroa”, visibile su http://www.meltingpot.org/articolo17149.html , per trattenere a titolo umanitario i giovani accolti negli ultimi mesi, qui come in altri comuni toscani. E nel prossimo consiglio comunale si intende approvare un ordine del giorno che dia ufficialità a questa posizione, tenendo conto anche dell’integrazione in atto e dei rapporti che si sono creati con la popolazione. Basti pensare che i giovani rifugiati stanno lavorando, gratuitamente, per utilizzare gli operai del Comune nella riparazione del’arredo urbano, dei giochi per i bambini, come per la pulizia di strade e giardini. La convinzione è che si tratti, come scritto nell’appello e come ribadisce il sindaco Scaramelli di “una questione di dignità, di democrazia e di giustizia”. Molte personalità della politica, della cultura e dello spettacolo hanno già preso posizione. “Facciamo un appello – aggiunge l’assessore Micheletti – ai cittadini per dare forza con le loro firme a questa richiesta”. L’appello è chiaro. I profughi “sono approdati sulle nostre coste durante il conflitto in Libia, per fuggire alle violenze o perché costretti ad imbarcarsi su pericolose carrette dalle milizie di Gheddafi” . Le considerazioni continuano: “Oltre 25.000 richiedenti asilo sono ospitati all’interno del Piano di Accoglienza affidato dal Governo alla Protezione Civile. Centinaia di enti in tutta Italia, con modalità e standard disomogenei, stanno provvedendo alla loro ospitalità al di fuori del circuito del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Ma ogni sforzo, ogni risorsa messa a disposizione, ogni percorso di inserimento, rischiano di risultare vani senza la garanzia di un futuro, senza la prospettiva di un titolo di soggiorno che permetta loro di scegliere se stare o ripartire, se tornare in Libia o al proprio paese d’origine. Pur provenendo dalla Libia, sono nati in Somalia, in Eritrea, in Ghana, in Nigeria, nel Mali, nel Ciad, in Sudan, in Costa d’Avorio, in Bangladesh o in Pakistan, per questo rischiano di vedere rigettata la loro domanda d’asilo dalle commissioni territoriali che già stanno procedendo al diniego nella stragrande maggioranza dei casi. I ricorsi, molto onerosi, non saranno comunque in molti casi sufficienti, così, dopo aver subito la violenza delle torture libiche o la minaccia dei bombardamenti, il destino di migliaia di persone rischia di essere l’irregolarità. Non possiamo permettere che nelle nostre città, nei quartieri e nelle strade che abitiamo, sia ancora una volta alimentato lo spazio d’ombra della clandestinità, consegnando migliaia di donne e uomini allo sfruttamento o ai circuiti della criminalità” . Per tutti questi motivi, viene avanza la richiesta dell’’immediato rilascio di un titolo di soggiorno umanitarioattraverso l’istituzione della protezione temporanea o le altre forme previste dall’ordinamento giuridico.