La vicenda della Cooperativa Solidarietà e del servizio di portierato sta sollevando grandi discussioni nelle ultime settimane, e questo perché da aprile verranno meno i servizi della Cooperativa presso l’Università di Siena. Bisogna tornare al decreto rettorale n. 1871 del 28.10.2011 per capire cosa sta succedendo al personale della Cooperativa. In quel decreto veniva stabilito che la convenzione poteva durare per tutto il 2012 e fino alla fine naturale della convenzione nel 2015, come per il servizio di pulizie, solo se si fossero trovate altre risorse, fino all’importo massimo annuo stabilito per il 2012. Come mai non sono state trovate altre risorse? Hanno ragione coloro che pongono interrogativi sul perché non si sia per tempo cercato nel bilancio di tagliare gli affitti di palazzi semivuoti (il cui contratto in alcuni casi è stato prorogato per eseguire i traslochi), indennità rettorale, ecc. per reperire risorse da destinare al servizio di vigilanza e portierato.
Senza la volontà di trovare altre risorse per portare a naturale compimento la convenzione, l’Ateneo era costretto a partecipare alla nuova convenzione CONSIP, facility management FM3, attivata il 25 maggio 2012, ma per potervi aderire doveva esternalizzare tre servizi. Venuta meno questa possibilità l’Ateneo si trovava nella condizione di trovare risorse o di rinunciare alla convenzione per il servizio di vigilanza. Ha scelto l’opzione più facile: rinunciare.
Finora abbiamo assistito alle azioni scellerate di due protagonisti: i vertici dell’Ateneo, Rettore e Direttore Amministrativo, e CONSIP (Concessionaria Servizi Informativi Pubblici), cioè un protagonista virtuale per così dire.
La CONSIP da anni gestisce di fatto un mercato elettronico di appalti di servizi alle pubbliche amministrazioni. Il fatto potrebbe essere positivo se servisse, per esempio, per tutelare i lavoratori delle cooperative che prendono in appalto servizi dalle P.A., ma così non è, perché CONSIP fa gare al ribasso, guardando la convenienza per prima cosa, invece di tenere presenti i livelli minimi retributivi e le garanzie di lavoro in appalto. Tanto CONSIP non risponde delle convenzioni che attiva, e non si pone il problema di chi poi va a lavorare all’interno di queste convenzioni. Il problema di CONSIP nei bandi di servizi è reale e sta venendo fuori anche all’Università di Pisa che ha partecipato alla convenzione FM3.
I vertici dell’Ateneo hanno operato, come è loro solito, risparmiando dove credono serva, tirando sempre fuori la necessità del rigore, per gli altri tranne che per loro stessi. L’indennità del Rettore, a detta sua, è la più bassa d’Italia, ma se dobbiamo essere rigorosi potrebbe essere la prima d’Italia a scomparire, tanto bisogna essere rigorosi! La Direttrice Amministrativa avrà anche diritto al suo stipendio nella misura stabilita, ma certo non sembra essere troppo rigorosa nella gestione degli affitti di palazzi, come il Glicine nel complesso San Niccolò, Tommaso Pendola, lasciato a dicembre 2012 quando il contratto di locazione scadeva a fine 2011 (abbiamo pagato per l’anno in più?), oppure di Torre Fiorentina (Novartis) che scade a marzo 2013, o infine con la gara per l’affitto fino ad un massimo di 50.000 euro annui per un capannone scaduta il 31 gennaio 2013. Il rigore è solo in una direzione sempre verso i più deboli.
La delibera del 18 dicembre che di fatto sancisce la fine della convenzione con la Cooperativa Solidarietà, stanzia i soldi per coprire il servizio fino al giugno 2013, perché allora termina a marzo? Scelta della Cooperativa o scelta imposta?
Arriviamo al terzo protagonista della vicenda, cioè i vertici della Cooperativa Solidarietà. La Cooperativa è fin dalla sua nascita un feudo di fatto dei tre sindacati confederali, che hanno diviso a turno il ruolo di presidenza della Cooperativa. Da sempre i lavoratori hanno potuto essere di fatto iscritti solo a queste tre sigle, chi si è posto in maniera critica ha avuto vita difficile al suo interno. I rapporti con l’Ateneo sono sempre stati gestiti in modo personale, e le tutele sindacali blande. Possibile che in questo anno nessuno ai vertici della Cooperativa, o a livello sindacale, si sia posto il problema di muoversi per tempo per scongiurare la possibilità che la convenzione venisse meno? Si sperava ancora di far valere rapporti di tipo personalistico nella gestione degli appalti? Forse si, ma ad averne fatte le spese sono i lavoratori che operano presso l’Università. Critichiamo fortemente l’operato dei vertici della Cooperativa che in piena continuità con la storia degli ultimi dieci anni di tutte le cooperative di servizi, di fatto si trasformano in padroni e non gestiscono in modo cooperativo un bel niente se non le perdite.
Ora, la situazione a cui ci troviamo di fronte è la seguente: fine della convenzione ad aprile, cassa integrazione per 64 lavoratori e assunzione di 16 unità di personale direttamente dall’Ateneo dalle categorie protette e disabili.
La posizione dell’Ateneo è stupenda: non siamo noi a mettere in cassa integrazione nessuno lo fa la Cooperativa per cui le 64 persone lavorano. Come dire: non sono io ad aver bruciato la casa è stata la benzina. Peccato che tu abbia dato fuoco alla benzina!
La questione dell’assunzione dalle categorie protette e disabili di 16 lavoratori è trattata come un semplice scambio, mando via i lavoratori delle categorie protette della Cooperativa, ma ne prendo altri 16 dov’è il problema? Viene meno tutto un percorso di inserimento lavorativo durato anni, e cosa più tragica è il modo in cui si applica la legge 68/99 sull’assunzione dei disabili nelle pubbliche amministrazioni. Se è vero che si possono fare le chiamate senza concorso da liste del centro per l’impiego con verifica della compatibilità con le mansioni da svolgere, che non siano impossibilitate dal problema della persona, è anche vero che questo modo di applicare la legge è vergognoso. La legge ha come finalità quella di permettere che nelle pubbliche amministrazioni trovino accesso persone che altrimenti rischierebbero di essere escluse dal mondo del lavoro. Noi a Siena vogliamo usare la legge per fare questo, scegliere chi può fare il portiere in base alla sua disabilità. Devo ottemperare alla legge ma lo faccio a pro mio. Crediamo che questo modo di applicare le leggi sia vergognoso, non si scelgono i lavoratori per una mansione specifica, ma si assumono con un percorso di inserimento per diverse mansioni perché si crede nei progetti di inserimento. Dire questo però è come parlare al vento non fa parte del modo di vedere le cose dei vertici del nostro Ateneo, loro sono rigorosi.
In queste settimane, di interventi di politici, di note e comunicati, mancano i vertici della Cooperativa, loro stanno in silenzio. Nemmeno fuori dalla inaugurazione dell’anno accademico li abbiamo visti, c’erano solo i lavoratori, con gli studenti e forse una decina di tecnici e amministrativi.
Chiediamo che il CdA deliberi in base a quanto previsto dal decreto rettorale n. 1871 del 28 ottobre 2011 lo stanziamento delle risorse aggiuntive per arrivare alla fine della convenzione. Ad aprile l’Ateneo non sarà in grado di sostituire la Cooperativa nel servizio di vigilanza, né lo sarà a giugno, e in bilancio i soldi si possono trovare tagliando da altre voci.
Nei prossimi giorni valuteremo tutti insieme quali iniziative pubbliche promuovere per sostenere la richiesta di revisione della decisione del Rettore e della Direttrice Amministrativa.
Gli operatori delle portinerie dell’Università della Cooperativa sociale Solidarietà, DAS, USB Siena
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