Per ristabilire la verità sul Monte e sulla Fondazione ci vorranno anni, ma bisogna pur iniziare. Lo spunto ce lo fornisce un articolo del Corriere della Sera che mette in luce, se mai ce ne fosse stato bisogno, gli errori compiuti dalla Fondazione, dal presidente Gabriello Mancini in primis, ma anche da parte una buona parte dell’organo di gestione. Nell’ articolo di oggi si sostengono cose gravissime:
1. i sindaci revisori della Fondazione erano contrari alla totale
sottoscrizione dell’aumento di capitale e non sono stati ascoltati.
2. Anche il direttore Parlangeli era contrario ed è stato allontanato.
3. È stato sottoscritto l’aumento di capitale su indicazione del Comune.
Partendo dall’ultima affermazione, il signor Gabriello Mancini deve andarsene, perché in base all’autonomia statutaria (sancita da due sentenze della Corte Costituzionale), egli deve fare gli interessi dell’Ente che presiede e non essere accondiscendente. Non risulta che il Comune fosse l’ente a cui Mancini doveva dar conto. L’ultimo documento (quello prima delle nomine) non parla volutamente più di maggioranza o 51% ma di INDIPENDENZA STRATEGICA e di eccessiva concentrazione patrimoniale chiedendo addirittura la diversificazione. L’aumento di capitale si svolge in piena campagna elettorale e forse più che dal sindaco uscente gli input giungevano da quello subentrato che in occasioni pubbliche aveva esternato la necessità di mantenere il 51%. Insomma, l’autonomia tanto decantata rasenta il ridicolo.
Parlangeli viene cacciato per aver detto le stesse cose dei sindaci revisori ad elezioni amministrative avvenute, la mattina del 2 luglio, tanto per non dare nell’occhio, quindi Mancini e l’organo gestionale sono talmente d’accordo nel sottoscrivere lo scellerato aumento di capitale da liberarsi alla chetichella di un provveditore divenuto troppo scomodo. Il nuovo consiglio comunale nel settembre 2011 approva una mozione sulla Fondazione che loda la sottoscrizione dell’aumento di capitale da parte della Fondazione.
Le date sono fatti e non possono essere stravolti. Dalla vicenda emerge la totale inconsistenza del presidente della Fondazione e dell’Organo di Gestione che già da tempo avrebbero dovuto dimettersi, per non aver rispettato le indicazioni degli enti nominanti, per non aver rispettato le indicazioni dei loro stessi organi di controllo, tenendo poi un atteggiamento completamento supino e subalterno rispetto alla banca e non esercitando mai il ruolo di azionista di riferimento, concedendo deleghe in bianco e spogliandosi di poteri prima ad essa attribuiti. Oggi, che non conta assolutamente nulla, il permanere in quella posizione rappresenta solo il tentativo di prendersi gli ultimi emolumenti prima che cali il sipario.
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