In Norvegia una donna riceve in media ben 18 anni di istruzione scolastica contro i 4 del Niger, dove a livello politico solo il 14% dei seggi in parlamento sono occupati da donne contro il 40% dell’assemblea norvegese. Solo il 5% delle donne nigerine utilizza i moderni metodi contraccettivi mentre sono ben 4 su 5 quelle che li utilizzano in Norvegia. L’esperienza della maternità segna distanze ancora maggiori: il 100% delle nascite nel paese scandinavo avviene con l’assistenza di personale medico specializzato, che è presente invece solo in un caso su tre in Niger, dove 1 mamma su 16 muore per cause legate alla gravidanza o al parto (il rischio di mortalità materna è di 1 su 7.600 in Norvegia).
L’Italia si colloca al 21° posto della classifica, a metà dei 43 paesi più sviluppati, ma alle spalle di Portogallo (15°), Spagna (16°) e Grecia (20°). Colpiscono in particolare in negativo i dati relativi alla condizione della donna e al suo ruolo o riconoscimento sociale nel nostro Paese. La percentuale delle donne sedute in parlamento per esempio è pari al 21%, e, benché aumentata di un punto percentuale rispetto allo scorso anno, risulta inferiore rispetto a quella di paesi come l’Afganistan (28%), l’Angola (38%) o il Mozambico (39%). Lo stipendio medio delle donne non va oltre al 49% di quello degli uomini a parità di mansioni, tra i paesi sviluppati fanno peggio solo l’Austria (40%), il Giappone e Malta (45%), mentre invece 2 paesi su 3 registrano una percentuale superiore al 60%.
Più in generale, anticipando il tema della nutrizione che sarà al centro del vertice G8 previsto il 18 e 19 maggio a Camp David negli Stati Uniti, il Rapporto sullo Stato delle Madri nel Mondo esplora quest’anno a fondo l’aspetto della nutrizione, un fattore chiave per il benessere delle mamme e dei loro bambini: ben il 25% delle morti materne e più di un terzo di quelle infantili nel mondo dovute proprio alla malnutrizione. Come evidenzia il rapporto, il solo sviluppo economico non rappresenta di per sé una garanzia di miglioramento rispetto alle condizioni di malnutrizione dei bambini. In India, ad esempio, che ha un PIL pro-capite pari a 1.500 dollari, il tasso di malnutrizione infantile è del 48%, contro il 23% del Vietnam dove il PIL è anche inferiore (1.200 dollari). I paesi che mostrano una relazione virtuosa tra il proprio benessere e la nutrizione dei bambini sono Brasile, Chile, Costa Rica, Kyrgyzstan, Mongolia, Senegal e Tunisia. La performance è invece negativa per Botswana, Guinea Equatoriale, Guatemala, Indonesia, Messico, Panama, Perù, Sud Africa e Venezuela.
Commentando il rapporto Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia, ha dichiarato: “E’ un quadro drammatico, e dobbiamo ormai fare i conti con un vero e proprio circolo vizioso in cui le madri, spesso già affette loro stesse da malnutrizione durante l’infanzia, danno luce a neonati sottopeso perché non nutriti adeguatamente nel loro grembo durante la gestazione. C’è una stretta correlazione tra le condizioni in cui versa una madre, sia fisiche che di lavoro o istruzione, e le condizioni di salute del suo bambino. Il rapporto di Save the Children segnala come nell’Africa Sub-sahariana fino al 20% delle donne è ritenuto in condizioni di sottopeso eccessivo, e la percentuale sale fino al 35%, più di 1 donna su 3, nell’Asia meridionale. E’ chiaro che queste donne hanno un’elevata probabilità di mettere al mondo un figlio con un quadro di salute precario. Le soluzioni semplici e a basso costo ci sono.
Basti pensare, come dimostra in dettaglio il rapporto, che con una maggiore diffusione della pratica di allattamento al seno, che è parte integrante dei nostri interventi, si potrebbero salvare un milione di bambini in più all’anno, lo testimoniano i successi raggiunti da un paese pur a basso reddito come il Madagascar. Ancora oggi invece, meno del 40% di tutti i neonati nei paesi in via di sviluppo riceve i pieni benefici di questa pratica e in Niger, ultimo paese nella nostra classifica, solo il 27% riceve un allattamento esclusivo al seno nei primi 6 mesi”.
El.Ca.
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