Una vita segnata indelebilmente dalla mafia. Un’esistenza cambiata inesorabilmente quando il 30 aprile 1982 la mafia a Palermo uccise suo padre, l’onorevole Pio La Torre. Oggi quell’uomo, che propose in parlamento una legge che introducesse il reato di associazione mafiosa (legge Rognoni-La Torre) ed una norma che prevedesse la confisca dei beni ai mafiosi, è diventato un simbolo della lotta alla criminalità organizzata. Per la sua azione politica venne barbaramente ucciso. Oggi il figlio Franco, membro dell’ufficio di presidenza di Libera, gira l’Italia per combattere contro ogni tipo di associazione di stampo mafioso. Questa mattina sarà a Suvignano, assieme a istituzioni e cittadini, per dire no alla vendita all’asta della più grande tenuta in Italia confiscata alla mafia.
Franco La Torre, sembra che possa esserci un ripensamento sulla decisione di messa all’asta di Suvignano: cosa ne pensa?
“Un ripensamento deve esserci. Il percorso avviato da Regione Toscana, Provincia di Siena e Comune di Monteroni d’Arbia ha buoni presupposti e l’azienda di Suvignano è un simbolo per il quale dobbiamo lottare”.
Suo padre lottò per la confisca dei beni alle associazioni mafiose: quanto è importante questo aspetto?
“E’ molto importante. Mi raccontava un magistrato che se un mafioso di solito si fa accompagnare davanti ad un giudice da uno o due avvocati quando invece si parla di beni confiscati si fa accompagnare da quattro o cinque avvocati. Sono gli stessi mafiosi, anche attraverso un gesto di questo tipo, a farci capire quanto è rilevante la confisca di un bene”.
Cosa pensa della tenuta di Suvignano?
“Penso che le mafie abbiano accumulato un patrimonio enorme attraverso il riciclaggio di soldi sporchi. Anche nel caso di Suvignano non è stato certo l’interesse per la cinta senese a far decidere per l’acquisto della tenuta. Ma Suvignano è una azienda sana e può stare sul mercato. E’ un’azienda vera e non deve morire”.
Perché a suo avviso si vengono a creare queste situazioni e oggi si corre il rischio di una messa all’asta di un bene confiscato alla mafia?
“Perché la legge è farraginosa e non prevede incentivi. In più l’Agenzia che si occupa del futuro dei beni confiscati alle associazioni mafiose è in uno stato di sotto organico e deve occuparsi di un patrimonio immenso. Lo sa che in Italia ci sono circa 10mila immobili e oltre mille aziende confiscate alle organizzazioni criminali? Vanno migliorate leggi e strumenti esecutivi e va favorito il riutilizzo sociale ed il lavoro”.
Cosa pensa della mobilitazione senese e toscana su Suvignano?
“Credo che in generale in Italia l’opinione pubblica sia attenta ai temi della legalità. Anche in questo caso una comunità si è mostrata pronta alla mobilitazione. Si pensi anche alle migliaia di giovani che ogni estate vanno a lavorare come volontari sui terreni confiscati”.
Quanto sono potenti oggi le mafie in Italia?
“Basta leggere Saviano per capirlo. E ormai dobbiamo parlare di holding mondiali, la questione non è più solamente nazionale ma internazionale e come tale va combattuta”.
Si potrà trovare una soluzione per Suvignano?
“Io sono fiducioso, penso proprio di sì. Voglio vedere il bicchiere mezzo pieno, c’è stata una grande mobilitazione”.
Gennaro Groppa