“La decisione – spiega il provicario e responsabile delle pubbliche relazione della Contrada dell’Oca, Antonio Degortes – è stata presa all’unanimità dai membri della sedia direttiva. Forse è capibile l’azione intrapresa la prima volta da queste contradaiole, ma non possiamo accettare che anche una seconda volta si siano rivolte al giudice. Non hanno dato fiducia alla contrada – prosegue Degortes – di conseguenza noi non possiamo dare fiducia a loro”.
Le trenta donne coinvolte in questa vicenda avranno adesso 15 giorni di tempo per presentare ricorso all’assemblea della contrada: “La sospensione è a tempo indeterminato – spiega il provicario – magari tra un anno, due o tre, potrà esserci un’assemblea che deciderà di riammettere queste contradaiole ma al momento la scelta della sedia direttiva mi sembra più che doverosa”.
Una scelta che però ha fatto davvero infuriare le donne coinvolte e i numerosi – oltre 400 – contradaioli dell’Oca, anche uomini , che sostengono queste ocaiole.
Per protestare e decidere azioni future è nata una newsletter dove questi senesi si scambiano opinioni sul da farsi.
I contradaioli in questione si chiedono come sia possibile che: “ Alcune persone che fanno parte della sedia direttiva, sono iscritti a partiti politici con ideali aperti ai diritti civili. Non riusciamo a capire come sia possibile che questi partiti accettino persone che calpestano i diritti civili di base. La scelta della sedia direttiva – proseguono i contradaioli indignati – va contro ogni principio del diritto e del buonsenso. Danno una mazzata alla possibilità di riconciliarsi con i contradaioli ormai “dispersi” che si sono allontanati. Noi non li riconosciamo come dirigenti dell’Oca e a nostro avviso dovrebbero dimettersi”.
Gli oltre 400 contradaioli, che avevano presentato anche le firme contro il referendum del voto, vedono questa punizione come un paradosso: “Come si fa a punire le donne che hanno richiesto un diritto, poi oltretutto concesso? – si chiedono questi Ocaioli – Andrebbe punito chi ha ritardato a far riconoscere questo sacro santo diritto”.
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