Voglio dedicare alcune riflessioni amare a Malala, la ragazza pakistana candidata al Nobel per la pace. La condizione femminile è ad una svolta epocale purtroppo negativa e umiliante, dove al centro della sopraffazione c’è sempre il corpo della donna, spogliata o avviluppata in orrendi sudari.
Nei giorni del Palio sono stata protagonista di un acceso battibecco con rappresentanti vari preposti all’ordine pubblico.
Tutto è scaturito dalla presenza in Piazza del Campo presumibilmente di due donne completamente vestite da un mantello nero che copriva loro completamente il volto, e con spessi occhiali scuri. Troppo facile appellarsi all’articolo 85 del testo unico sulla sicurezza che vieta il mascheramento, e troppo scontato accusarmi di razzismo per aver chiesto l’intervento di identificazione di queste due poverette e dei loro accompagnatori.
Tralascio la discussione veemente affrontata alla Costarella perché potrei pensare a varie supposizioni compresa quella che il gruppetto era noto e ben identificato, quindi non voglio mettere in discussione l’operato di coloro i quali sono preposti alla sicurezza nei giorni frenetici del Palio.
Ciò che indigna la mia sensibilità di donna è il permettere una tale umiliazione ad altre donne in un Paese in cui ci fanno credere che i diritti sono un bene primario sancito dalla Costituzione. Combattere queste barbarie con senso civico è per me ragione di vita, è per questo che rinnovo il mio pensiero a tutte le donne vilipese da consuetudini ridicole.
In nome di quale integrazione si permette di offendere così la dignità di un essere umano?
Non mi importa di essere tacciata di xenofobia, io mi pongo un problema etico che suscita disagio alla mia coscienza.
Lucia Del Vespa
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