<<Se per riuscire ad essere capitale della Cultura nel 2019 ci è richiesto di dimostrare che, nonostante la crisi in cui la nostra collettività è caduta, Siena è una città affidabile e che questa affidabilità se la sta giocando con concretezza e con progetti innovativi allora – ha detto Anna Carli, in rappresentanza del Comitato dei sostenitori – anche questa lezione “Da medico condotto a medico di famiglia: storia della centralità di un ruolo per il mantenimento della salute della cittadinanza”, dedicata agli studenti di medicina (era aperta anche al pubblico, ndr), rappresenta una tappa per affrontare una visione innovativa del welfare. E’ una visione che avvicina al nuovo modo di individuare la prosperità di un Paese, non più legata solo alla crescita misurata dal PIL, ma completata, nella sua misurazione, dal parametro del benessere equo e sostenibile (BES). L’argomento affrontato ieri mattina nell’Aula Magna del complesso didattico Le Scotte e che ha visto riuniti in modo sperimentale universitari del 2° e del 4° anno – come ha aperto Francesca Vannozzi, docente del corso di Storia della Medicina – <<vuole essere una riflessione sull’evoluzione che nel tempo ha interessato e sta interessando questa figura centrale per la salute pubblica>>.
Da una considerazione tradizionale sulla cultura, quindi, a una visione molto più ampia.
<< La cultura – come ha spiegato la Carli – modella vari aspetti delle nostre vite ed è riconosciuto il suo effetto positivo sulla nostra salute intesa come benessere psico-fisico. Perché questo riconoscimento divenga consapevolezza diffusa tra le persone e si concretizzi in una nuova domanda di accesso alla cultura, il ruolo e l’esercizio della professione del medico di famiglia possono essere uno dei migliori tramiti>>.
E all’interno di questo contesto culturale, dove alla medicina viene richiesto quella che, del resto, è la sua missione: aiutare le persone a restare in salute, la comunicazione – ha spiegato Ranuccio Nuti del dipartimento di scienze mediche, chirurgiche e neuroscienze – ricopre un ruolo determinante. <<Parlare con il paziente significa metterlo a suo agio, creare un’alleanza funzionale, perché un buon modello bio-psico-sociale, incentrato sulla fiducia, accettazione e empatia può aiutare nella risoluzione dei suoi timori>>.
Un argomento, questo, ben esemplificato da Giuseppe Pallini, medico in pensione. Anno di nascita 1925. Medico condotto un mese dopo aver conseguito la laurea. Era il 1949.
<<La condotta medica – ha ricordato – era un’istituzione che garantiva a tutti, anche a coloro che abitavano in casolari sperduti, la presenza del medico 365 giorni all’anno. Ventiquattr’ore su ventiquattro>>. In flash di memoria ha raccontato ai tanti giovani presenti la dura vita di un medico condotto, senza turni di riposo, sofisticate attrezzature
diagnostiche o mezzi di comunicazione che, ora, invece, abbondano. <<Il nostro era un domicilio coatto. A noi veniva richiesto di saper fare tutto. Dall’ostetricia alla dermatologia. Da ufficiale sanitario a medico legale>>.
Una medicina globale, quella di Pallini, in situazioni non certo facili visto che al tempo corrente elettrica, viabilità e mezzi di comunicazione non erano certo alla portata dei più. Anzi. Ma proprio in queste situazioni il buon medico, attraverso il suo sapere e i rapporti relazionali che sapeva allacciare con i pazienti, poteva ricostruire l’anamnesi di una criticità e quindi diagnosticare e curare. Il sistema sanitario attivato attraverso i medici condotti per l’ex medico funzionava bene, perché garantiva l’accesso alle cure a tutti, soprattutto a chi non aveva il denaro per poterle pagare. La mutua per tutti doveva ancora nascere.
Adesso <<se una famiglia vive lontano, e la guardia medica non riesce a capire la patologia segnalata, questa deve recarsi in un presidio medico e cercare degli specialisti>>.
La carenza segnalata da Pallini insieme al sovraffollamento dei punti di pronto soccorso hanno, sicuramente, innescato la riforma sanitaria che a breve diventerà operativa, segnando il passaggio da una “medicina di attesa” come quella gestita da Pallini nel passato, ad una “medicina di iniziativa”. Una “medicina d’opportunità”. L’ha illustrata Fabio Zacchei, medico di famiglia, anche lui molto attento ad evidenziare l’importanza della semeiotica, vista la sempre minore attenzione all’ascolto del paziente. <<Con il progetto
MITO.SI, ad integrazione del piano regionale, metteremo in rete tuti i medici di famiglia che operano nell’area delle cure primarie per consentire una gestione integrata dei vari percorsi da seguire, e garantendo, per l’intera giornata e sette giorni su sette, la continuità dell’assistenza>>. Per Zacchei il medico di medicina generale <<è l’unico responsabile della salute globale del cittadino>>, e la risposta per avvalorare questa centralità viene sicuramente dalla delibera 1235 della GRT del 28.12.12, dove le AFT (aggregazioni funzionali territoriali) e le UCCP (aggregazioni multiprofessionali) nascono per un nuovo equilibrio tra qualità della cura e sostenibilità del sistema. Tradotto: aumento dell’efficienza e razionalizzazione delle richieste di ospedalizzazione.
Una pianificazione, evidenziata da Lucilla Romani, direttore zona senese ASL, che <<metterà il medico generico in stretta connessione con tutto ciò che gli offre la medicina sul territorio. A breve, dunque, non sarà più solo, bensì lavorerà in maniera aggregata>>.
In conclusione, dall’ospedalizzazione alla medicina sul territorio che per l’internista Roberto Cappelli vede un medico in grado di <<saper essere, oltre che sapere e saper fare, con abilità dialettiche e capacità di ascoltare>>. Riportando un brano di un libro di Tiziano Terzani è ritornato sul valore della semeiotica: <<un paziente vuole essere visitato, seguito e ascoltato. Si deve mantenere questo rapporto, perché, altrimenti, la nostra professione si riduce alla sola lettura di dati prodotti da una macchina>>.