L’ospedale di Siena promosso dall’indagine AGENAS – Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari regionali, realizzata per conto del Ministero della Salute. Sono stati monitorati gli esiti delle principali prestazioni sanitarie ospedaliere negli anni 2009 e 2010 tra le diverse strutture pubbliche italiane e il policlinico Santa Maria alle Scotte è risultato un ottimo ospedale, presentando dati relativi alla mortalità a 30 giorni in linea con le migliori strutture nazionali. I dati sono stati presentati ieri a Firenze in conferenza stampa dall’assessore al Diritto alla Salute, Daniela Scaramuccia. In particolare, per quanto riguarda Siena, si registra un ottimo risultato nella cura del tumore al polmone. “Per le malattie polmonari – spiega Paolo Morello, direttore generale – abbiamo un team multidisciplinare di alto livello, grazie anche alla presenza dell’unico centro trapianti di polmone di tutta la Toscana con pneumologi, chirurghi toracici e anestesisti dedicati”. L’area cuore, dove è attivo l’unico centro trapianti di cuore toscano e di impianto di cuori artificiali, registra ottimi risultati anche negli interventi di riparazione dell’aneurisma all’aorta e risultati positivi nella gestione dell’infarto acuto. “A Siena – spiega Roberto Favilli, direttore DAI Cuore, Vasi e Torace – infatti è stata attivata già da alcuni anni la rete dell’infarto, con il progetto Siena PRIMA, che coinvolge diversi attori sul territorio senese: la nostra emodinamica, il 118 e le cardiologie degli ospedali periferici. Tutti gli infarti acuti vengono trattati con angioplastica direttamente in Emodinamica, che è l’unica della provincia, con forte riduzione della mortalità e con guadagno di miocardio salvato. Emodinamica e Cardiologia hanno una mortalità intraospedaliera inferiore al 3%”. Risultati in linea anche per gli intereventi di frattura al collo del femore e la gestione dell’ictus. “Abbiamo attivato nel 2009 – spiega Morello – un’area dedicata alla cura dell’ictus, la stroke unit, il più grande reparto della Toscana, con 12 posti letto di cui 8 sono ad alta intensità di cura, dotati cioè di strumenti tecnologici in grado di tenere sotto controllo i parametri vitali del paziente, con una mortalità del 5,2% su una media italiana di circa il 10%”. L’unica criticità è rappresentata dal ridotto numero di interventi di asportazione della colecisti in laparoscopia. “Abbiamo lavorato molto su questo aspetto – conclude Morello – e grazie all’attivazione della chirurgia robotica e al potenziamento della tecnica laparoscopica stiamo ampiamente recuperando il gap”.