anziani
“Per tutti, ma per gli anziani in particolare, il cibo e il momento del pasto rivestono grande importanza, sia dal punto di vista strettamente nutrizionale che sotto il profilo relazionale e sociale – dice l’assessore al diritto alla salute Daniela Scaramuccia – Lo stato nutrizionale influenza lo stato di salute, e viceversa. Mantenendo ben saldi i principi di sicurezza alimentare, è importante elevare la qualità dei pasti e degli ambienti in cui vengono serviti. Per questo abbiamo voluto dare a tutte le Asl queste linee di indirizzo, e indicare standard omogenei di riferimento, ai quali tutte le Rsa dovranno attenersi”.
Il documento approvato dalla giunta fa un’attenta analisi del rapporto tra anziano ricoverato in comunità e cibo: “Il pranzo – vi si legge – è una ritualità che deve rispondere a precise esigenze di natura sia fisica che psicologica. Per un anziano istituzionalizzato il cibo si carica infatti di valori aggiunti, diventa strumento di gratificazione, di legame con le proprie origini culturali, oltre ad essere un’occasione altamente socializzante”. E ancora: “Il pasto rappresenta un fattore non trascurabile dell’intervento terapeutico e un aspetto rilevante del comfort, entrambe dimensioni della qualità complessiva del processo assistenziale”. Insomma, ovunque, ma ancor di più in una casa di riposo, il cibo come modo per mantenersi in salute, il pranzo come momento piacevole e socializzante.
Negli anziani, si riduce l’appetito, e anche la motivazione a mangiare, e la malnutrizione aumenta con il progredire dell’età: nelle strutture di lungodegenza, può raggiungere l’85%. E la malnutrizione, dicono gli esperti, può comportare un aumento del rischio di piaghe da decubito, del rischio di fratture, un maggior impiego di farmaci, un maggior numero di ospedalizzazioni, una ritardata guarigione. E’ indicativo di malnutrizione un calo ponderale involontario superiore al 10% rispetto al peso abituale o superiore al 5% nell’arco di un mese.
Le linee guida stilate dalla Regione indicano che la dieta sia varia, con una rotazione di tutte le tipologie di alimenti e un menu articolato almeno su quattro settimane. Che ogni giorno debba essere assicurata una porzione di carne, pesce o uova, oltre a latticini e legumi. Che si utilizzi olio extravergine di oliva. Frutta e verdura fresca, cinque porzioni al giorno, variandone la qualità e preferendo i prodotti di stagione e di produzione locale. Un valore aggiunto è rappresentato dalla presenza, tra le materie prime, di alimenti biologici. Le preparazioni e i condimenti dovranno essere semplici, andrà limitato l’uso di alimenti conservati. I menu dovranno essere corredati da tabelle dietetiche aggiornate ed esposti nei locali di somministrazione. Indicazioni precise anche su orari (più vicini possibile agli usi comuni) e ambienti: ben areati e illuminati, dovranno ricreare un’atmosfera di tipo familiare, piacevole, favorire la socializzazione e l’integrazione. Tutto il personale coinvolto nella ristorazione assistenziale dovrà seguire corsi periodici di formazione e aggiornamento.
Gli anziani nelle Rsa della Toscana
L’Italia è il secondo Paese più anziano d’Europa, dopo la Germania (anche se la differenza che li separa è minima, con un indice di vecchiaia – rapporto percentuale tra la popolazione con età maggiore di 64 anni e la popolazione con meno di 15 anni – di 1,43 degli italiani, contro l’1,46 dei tedeschi).
Secondo il Rapporto 2009 dell’Ars (Agenzia Regionale di Sanità), in Toscana vivono circa 860.000 persone con più di 65 anni, pari al 24% della popolazione residente. E’ stato stimato che nel 2015 gli ultra65enni arriveranno a 915.000, per superare il milione e 100.000 nel 2050. Nonostante il miglioramento delle condizioni di salute della popolazione anziana nel suo complesso, la domanda di assistenza (anche a livello di strutture residenziali e semiresidenziali) continua a crescere. In Toscana sono 377 le strutture residenziali e semiresidenziali, e ospitano l’1,3% degli ultra65enni, per un totale di 10.900 anziani (8.600 donne e 2.300 uomini).
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