Vorrei esprimere l’accordo più completo con la posizione del Comitato Se Non Ora Quando a proposito della vicenda delle “donne dell’Oca”.
Dovrebbe essere chiaro a tutti che la decisione della Sedia dell’Oca del 5 dicembre, tardiva e da lungo attesa, di concedere il voto alle donne, non sarebbe mai arrivata senza la protesta e l’azione legale messa in opera da tempo dalle donne della contrada. Ma l’orgoglio del potere – quello maschile ai vertici della contrada – non poteva accettarlo: di qui la sanzione vendicativa della sospensione dalle attività delle donne che avevano presentato il ricorso. Questa vendetta illumina pienamente la psicologia dei vertici dell’Oca, su cui credo ognuno si sia da tempo fatta la propria opinione e di cui non vale quindi parlare. Occorre affrontare, invece, il risultato «culturale» e di immagine della città che questo atto ha provocato all’esterno (ma, a leggere i commenti, anche all’interno) di Siena. Trincerarsi dietro l’autonomia delle contrade è un’escamotage debole, la difesa di chi non ha argomenti da opporre. Anche le famiglie hanno l’autonomia di educare i figli come credono, ma ci sono limiti – di dignità e legalità – che nessuno può superare. Posso dire, nella mia piccola esperienza, che mentre tra colleghi e studenti di altre parte d’Italia questa vicenda è sempre stata accolta con ironia e sarcasmo – che giustificava la visione «provinciale» di Siena che si aveva – gli studenti e i docenti provenienti dall’estero sono sempre rimasti esterrefatti, non solo della discriminazione di cui erano oggetto le donne dell’Oca, ma anche della sostanziale passiva accettazione che di questo faceva la città nel suo insieme. Oggi, nel momento in cui Siena vuole candidarsi a Capitale Europea della Cultura, non si può pensare che atti come questo siano indifferenti; e che si possa quindi derubricarli a questione «interna» su cui non si può e non si deve intervenire. Per diventare capitale europea si deve, innanzitutto, mostrare di avere una «dimensione europea» e di praticare una «partecipazione dei cittadini» superiore a quella delle altre città concorrenti. Una discussione aperta su quanto è avvenuto nell’Oca può far comprendere se si intende davvero muoversi in questa direzione. Una direzione che si basa necessariamente sulla priorità – culturale prima ancora che giuridica – dei diritti fondamentali delle persone rispetto a eventuali usi e costumi di «comunità » che quei diritti infrangono e discriminano.
Marcello Flores
direttore del
Master Europeo in Diritti Umani, Università di Siena