L’indagine ha avuto origine dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siena, nel 2009, dopo che gli specialisti del Nucleo Operativo Ecologico Carabinieri di Grosseto, durante un controllo alla PIANIGIANI ROTTAMI, evidenziarono che l’opificio, fraudolentemente, classificava non pericoloso il rifiuto proveniente dalla rottamazione dei veicoli (car fluff), addirittura utilizzandolo come base per la produzione di Combustibile derivato da Rifiuti (C.D.R.). Il C.D.R., oltre a non corrispondere alla tipologia normativa, era pericoloso per l’elevato contenuto di sostanze inquinanti e dannose per la salute pubblica e per l’ecosistema, quali: idrocarburi, oli minerali, cadmio, cromo, zinco, vanadio, piombo, boro, bario, manganese, rame e policlorobifenili (PCB).
L’azienda, regolarmente autorizzata per la raccolta e recupero di rifiuti pericolosi e non e per la rottamazione e frantumazione dei veicoli, con il concorso di laboratori di analisi, trasportatori, inceneritori, discariche, che sebbene regolarmente autorizzate, avevano attivato il traffico illecito di rifiuti pericolosi facendoli apparire come non pericolosi, aggirando di fatto la stringente normativa per il trattamento dei rifiuti pericolosi, ottenendo un ingente ed ingiusto guadagno.
I soggetti coinvolti, per abbattere i costi elevati per lo smaltimento di tale tipologia di rifiuto pericoloso, avevano escogitato un metodo per liberarsene a costi fortemente ridotti. Infatti talvolta lo miscelavano a rifiuti non pericolosi producendo il C.D.R., tra l’altro gli attribuivano altri codici di comodo così da dare una rappresentazione del rifiuto del tutto diversa da quella effettiva e derivante dalla sua origine. Prima dell’avvio nei termovalorizzatori, necessitava dotare lo stesso di una certificazione per sviare i controlli. In questa fase assumevano un ruolo determinante i tecnici e responsabili di laboratori di analisi, che emettevano certificazioni compiacenti, ed a seguire era necessaria anche la connivenza di intermediari, trasportatori e responsabili degli inceneritori.
L’attività di indagine si allargava a macchia d’olio su quasi tutto il territorio nazionale: Toscana, Puglia, Umbria, Emilia Romagna, Lazio, Molise, interessando nel complesso tutta la filiera della gestione dei rifiuti.
Anche dopo la scoperta dei reati, gli indagati si davano da fare per creare documentazione falsa finalizzata ad ottenere, con l’aiuto di legali, un ingiusto annullamento delle sanzioni da parte del Giudice di Pace.
Il tutto finalizzato al conseguimento di un ingiusto profitto, gestendo abusivamente enormi quantitativi di rifiuti pericolosi, stimati in oltre 50.000.000 Kg, per un giro d’affari di circa 5 milioni di euro.
Il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Firenze, su richiesta della Procura della Repubblica, ha disposto la applicazione di tre misure cautelari nei confronti dei promotori dell’associazione, il sequestro preventivo delle due principali società con nomina di un Amministratore Giudiziario.
Complessivamente risultano indagate 126 persone. Inoltre è stato aperto anche procedimento penale per la responsabilità delle persone giuridiche.
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