<<Voi a Siena avete questa cosa preziosa, ed è singolare come nel conflitto delle Contrade vi sia la vostra unione. Tutto il mondo si sfalda e voi siete qui con la vivezza dei vostri riti e con la fedeltà ai secoli. Credo sia l’unico esempio in Italia. E’ bello. Molto bello!>>. Federico Fellini aveva capito la Festa senese.
Si sono allineate tra i canapi Aquila, Lupa, Pantera, Bruco, Leocorno, Giraffa, Istrice,Torre, Chiocciola. Di rincorsa il Nicchio.
Scalciano quei barberi amati come figli. Unici protagonisti. Il fantino è un mercenario. Si può “vendere”. Loro no. Sono natura pura.
Partono. In testa il Leocorno, dietro Giraffa, Torre Bruco. Stessa formazione fino alla prima curva del Casato. Al secondo giro di S. Martino la Giraffa è già prima, inseguita dal Leocorno, Torre e Bruco. Resterà alla guida delle altre Contrade fino all’arrivo.
Polvere di tufo. Canicola d’agosto. Gente. Tanta. Odori, suoni, colori. La conchiglia di Piazza del Campo è piena di umanità. Diversa. Unita, però, nello spasmo di questa attesa.
Il popolo di via delle Vergini ha conquistato la sua 34^ vittoria su Fedora Saura, una femmina di 10 anni che, insieme al fantino Andrea Mari, detto Brio, festeggiano la terza vittoria.
Il Palio è finito. Il popolo bianco/rosso ha preso il suo cencio (drappellone ndr). Ora è al Duomo per cantare il Te Deum. Ringraziano la Madonna assunta in cielo. E’ dedicato a lei questo Palio di mezz’agosto. Pregano. Piangono. Si abbracciano.
Strano popolo questi senesi. Capaci di sentimenti e comportamenti contrapposti.
A loro ben si addice lo stemma della città. Uno scudo metà bianco e metà nero. Colori e non colori. Opposti e uniti. Come il drappellone realizzato dall’artista senese Francesco Carone. Un’apoteosi di senesità e di cultura. E’ un cencio bianco. Così lo hanno visto le migliaia di persone nella Piazza quando è sfilato sul Carroccio. Dentro a quel bianco, però, è racchiusa la civiltà di una collettività. Carone, nel suo omaggio a Duccio di Buoninsegna che, sette secoli fa, dipinse una straordinaria opera per l’altare maggiore del Duomo, è riuscito a condensare tutta la sacralità della festa. Un’abile ricamatrice, Letizia Frosini, ha riprodotto, su disegno dell’artista, la Maestà del grande pittore trecentesco, e, in più, Carone vi ha inserito la sua creatività contemporanea sommata alla sua senesità.
Il risultato: bellissimo. Il suo lavoro, come il Palio di Siena non va solo visto. Va guardato. Bisogna entrarci “dentro”. Solo così è possibile avvicinarci alla conoscenza, tutta, e provare a capire il perché di una Festa che ha superato, indenne, secoli di storia.
Roberta Ferri
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