L’industria alimentare italiana rappresenta il terzo comparto più importante all’interno del manifatturiero – dopo quelli della metallurgia e dei macchinari – , con un valore della produzione ai prezzi base di quasi 108 miliardi di euro a fine 2010 (oltre l’11% del totale). E’ questa la fotografia scattata dall’area research di Banca Monte dei Paschi di Siena che, in un rapporto dedicato al comparto alimentare, stima per l’anno appena trascorso un incremento su base annua del +7,5%, superiore al +6,1% previsto per l’industria di riferimento. In presenza di una flessione delle quantità prodotte (-1,7% la variazione tendenziale media dei primi undici mesi del 2011, dato Istat corretto per i giorni lavorativi), la crescita deriva interamente dal versante dei prezzi alla produzione che, in particolare per il comparto alimentare, sono largamente influenzati dalle quotazioni delle commodity agricole. Seppure a ritmi nettamente inferiori rispetto allo scorso anno, la tendenza alla crescita dei prezzi dovrebbe proseguire anche nel 2012, determinando, secondo le stime dell’area research Montepaschi, un lieve aumento del valore nominale della produzione (+2,1%), a fronte alla sostanziale stazionarietà per l’intera industria manifatturiera (+0,2%).
Dalla stima della componente di ciclo-trend del fatturato emergono due informazioni di rilievo per il comparto. In primo luogo, una tendenza di fondo alla crescita costante, diversamente da quanto riscontrabile per il totale dell’industria: questo dato conferma la relativa anelasticità dell’alimentare rispetto all’andamento del ciclo economico generale. In secondo luogo, un sostanziale recupero dei livelli pre-crisi, non ancora avvenuto, invece, per l’industria nel suo insieme. Anche riferendosi all’indice grezzo Istat, piuttosto che alla stima destagionalizzata, il livello medio nei primi undici mesi del 2011 ha quasi raggiunto quota 125, oltre 3 punti in più rispetto all’analogo periodo del 2008; il valore di novembre 2011, in particolare, rappresenta il massimo assoluto dall’inizio della serie storica (gennaio 2000).
L’industria alimentare italiana è tradizionalmente orientata al mercato interno: la propensione all’export è infatti pari a meno della metà della media del manifatturiero. Nel recente passato, però, le esportazioni in valore (concentrate per oltre il 50% in Germania, Francia, UK, USA e Spagna) sono aumentate in misura consistente, soprattutto verso la Russia (nel periodo gennaio-ottobre 2011, +29,6% anno su anno). Nonostante la sfavorevole congiuntura, l’area research prevede per il comparto una crescita ad un ritmo ancora significativo nel 2012 (+4,5% su base annua, a fronte del +1,1% per il manifatturiero), dopo la già positiva performance conseguita nel 2011 (stimata al +9,5%).
Sul fronte dell’export, però, il comparto continua a soffrire l’accentuata polverizzazione del tessuto imprenditoriale – anche rispetto alla media dell’industria italiana – che ostacola un efficace presidio dei mercati esteri, soprattutto quelli “lontani” ma a maggiore potenziale di sviluppo. Crescita dimensionale e reti d’impresa, unitamente a interventi legislativi mirati al sostegno dell’export settoriale – su cui incide negativamente l’attività di contraffazione e pirateria a livello internazionale – possono essere strumenti importanti per ampliare il raggio d’azione al di fuori dei confini domestici, soprattutto in presenza di consumi interni, anche in prospettiva, in perdurante stagnazione e sempre più canalizzati nella Gdo.
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