Un autoanticorpo naturale presente nei pazienti di sclerosi multipla con malattia lungamente stabile è stato scoperto da un team di ricerca
dell’Università di Siena.
Tale anticorpo ha mostrato potenti proprietà immunosoppressive e
potrebbe avere un ruolo nel mantenimento della stabilità della malattia.
Inoltre potrebbe essere utilizzato come un possibile marker prognostico per definire l’evoluzione della malattia stessa nei singoli pazienti.
La ricerca è stata effettuata nel Laboratorio di Neuroimmunologia dell’Ateneo senese, presso il dipartimento di Medicina, Chirurgia e Neuroscienze ed è stata coordinata dal professor Pasquale Annunziata, neurologo e neuroimmunologo clinico.
La scoperta scientifica è in corso di stampa sul Journal of Neuroimmunology, la prestigiosa rivista della International Society for Neuroimmunology, ed è disponibile online sulla banca dati Science Direct di Elsevier.
Come sono giunti i ricercatori dell’Università di Siena ad individuare questo specifico anticorpo? Come spiega il professor Annunziata, “la scoperta è il naturale sbocco di un precedente risultato dello stesso gruppo di ricerca, che alla fine degli anni ’90 aveva individuato nel liquor cefalo-rachidiano di un sottogruppo di pazienti con sclerosi multipla un anticorpo diretto contro una proteina della mielina, associato ad un andamento benigno della malattia. Proseguendo nelle ricerche, siamo finalmente riusciti ad isolare l’anticorpo monoclonale in pazienti nei quali la sclerosi multipla era stabile da anni. Tale anticorpo è in grado di legarsi ad alcune cellule del sistema immunitario ed ha mostrato in vitro una potente attività immunosoppressiva”.
“L’attuale scoperta – prosegue il professor Annunziata – dà un contributo rilevante alla comprensione di come il sistema immunitario possa controllare naturalmente un processo autoimmunitario diretto contro il sistema nervoso, aiutando a capire perché alcuni pazienti con sclerosi multipla – malattia neurologica autoimmune che causa nella maggioranza dei casi invalidità – possano per molti anni non presentare sintomi della patologia dopo il primo attacco clinico. Tale anticorpo ad attività immunosoppressiva potrebbe essere sviluppato in una forma chimica idonea ad essere utilizzata nella terapia non solo della sclerosi multipla, ma anche di altre malattie autoimmuni organo-specifiche e potrebbe essere testato nel rigetto da trapianti. Inoltre, l’individuazione di tale anticorpo nel siero dei pazienti con sclerosi multipla può rappresentare un test per predire un’evoluzione benigna della malattia che come è noto richiede attualmente lunghi anni di osservazione e di monitoraggio clinico”.