Un lungo e liberatorio applauso ha accolto l’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica Italiana. Il quorum di 505 voti è stato superato, segno di una condivisione costruita in queste giornate frenetiche, fatte di incontri, di calcoli e di votazioni. Ci sarà tempo per far fare l’analisi politica di questo risultato, ma non è questo il momento. Oggi è il giorno dell’unità intorno al nuovo Presidente, una figura autorevole e di grande spessore.
Sergio Mattarella è stato uno dei protagonisti della generazione politica che ha portato la propria cultura ed i propri valori dentro un progetto che è diventato il Centrosinistra, e da cui è nato il Pd. Ha lasciato un’eredità importante senza voler restare nelle prime file, fuori dal Parlamento dal 2008, per essere poi eletto, nel 2011, giudice della Corte Costituzionale.
Mattarella è il padre della legge elettorale con i collegi uninominali. Il sistema maggioritario ha significato l’arrivo di una nuova stagione politica. La nascita di un dialogo non solo tra esponenti di forze politiche opposte (quello è sempre esistito), ma l’occasione di formare un grande movimento di persone che si riconoscesse nella Costituzione, nella solidarietà, nel riformismo e che, a metà degli anni Novanta, è divenuto l’Ulivo. Matterella ha seguito questo percorso, e lo ha fatto portando con sè una storia politica lunga e dolorosa; il fratello, Piersanti, governatore della regione Sicilia, e determinato nella lotta alla mafia e alla corruzione, fu ucciso in un agguato di cosa nostra il 6 gennaio 1980.
Mattarella ha fatto parte dei governi brevi e travagliati della fine degli anni Ottanta (De Mita e Goria, Andreotti), quando la prima Repubblica cominciava a scricchiolare, senza però rinunciare ai propri principi. Nel 1990 si dimise dall’incarico di governo insieme a quattro ministri per protestare contro l’approvazione della legge Mammì, che avrebbe favorito le reti televisive della Fininvest.
I ragazzi negli anni Ottanta probabilmente dovrebbero ringraziarlo per non aver dovuto svolgere il servizio militare a differenza dei loro padri e fratelli maggiori. “La riforma della leva è il dividendo della pace dopo 50 anni”, disse Sergio Mattarella, allora ministro della Difesa, nel lontano 2000.
Qualcosa, dei brutti giorni di aprile 2013, possiamo dire di aver appreso: è che la scelta del Presidente della Repubblica è prima di tutto un’operazione di sintesi alta, in cui tutte le forze politiche (e le loro anime interne) devono sentirsi garantite. Non una conta e neanche una resa dei conti. Non è, soprattutto, un sondaggio sugli umori nei social media e richiede scelte di prospettiva che sappiano guardare lontano, sette anni, piuttosto che all’immediato.
Luigi Dallai, deputato Pd
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