“Siamo in 1500 qui per dire di no alla vendita all’asta di questa tenuta. Siamo in 1500 qui per riprenderci Suvignano. Oggi scriviamo un’altra pagina di storia di questo posto e non sarà l’ultima”. Il sindaco di Monteroni d’Arbia Jacopo Armini parla con entusiasmo dal palco allestito per l’occasione all’interno della tenuta di Suvignano, una grande azienda agricola confiscata alla mafia ma che adesso corre il rischio di essere reimmessa sul mercato con una vendita all’asta. La mobilitazione nel territorio senese e in tutta la Toscana è stata massiccia. Oltre un migliaio di persone (giovani e anziani, uomini e donne, politici e semplici cittadini) hanno ieri risposto all’appello lanciato dal Comune di Monteroni d’Arbia, dall’Arci, da Libera e da tanti altri enti, istituzioni e associazioni. Oltre un migliaio di persone hanno partecipato alla marcia per la legalità che ha avuto la sua conclusione all’interno della tenuta. E’ stata una manifestazione allegra e piena di speranza con tante bandiere di associazioni e nessuna bandiera di partito.
Il sindaco Armini parla dal palco, il suo è un intervento pieno di passione. Riceve molti applausi il primo cittadino di Monteroni. Al suo fianco ci sono il presidente della Provincia di Siena Simone Bezzini, l’assessore regionale Vittorio Bugli, Franco La Torre, il figlio di Pio La Torre (il deputato che fu ucciso nel 1982 dalla mafia) e la presidente provinciale dell’Arci Serenella Pallecchi.
Davanti al palco ci sono tanti sindaci del territorio ed i gonfaloni dei Comuni che hanno aderito alla manifestazione. C’è Bruno Valentini, che in più di una circostanza ha parlato della tenuta di Suvignano. C’è Roberto Bozzi, sindaco di Castelnuovo, e ancora Lucia Coccheri (sindaco di Poggibonsi), Paolo Brogioni (primo cittadino di Colle) e gli omologhi Francesco Landi (Sarteano), Lorenzo Avanzati (Abbadia San Salvatore), Alessandro Masi (Sovicille), Giacomo Bassi (San Gimignano). E’ presente anche il Comune di Chiusi rappresentato dall’assessore al bilancio Juri Bettollini.
La speranza espressa è unanime: il Governo si mostri disponibile a riaprire una discussione che eviti la messa all’asta. Le parole del viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, riportate tre giorni fa alla stampa dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, aprono uno spiraglio in questo senso. Gli enti locali vogliono poter gestire la tenuta per poter anche creare opportunità di lavoro e non spegnere il messaggio di lotta alla mafia.
“Lo Stato non può sbagliare la risposta – prosegue Armini -. Non possiamo rischiare la vita per poter confiscare i beni alla mafia e poi rimettere sul mercato gli stessi beni vendendoli al miglior offerente. C’è poi il rischio che questa tenuta possa finire nelle mani sbagliate, ma questo è un rischio che non vogliamo e non dobbiamo correre”.
I presenti applaudono. Ci sono anche tanti giovani, con gli occhi pieni di speranza, il cui volto si apre in un sorriso che sa di fiducia nel futuro quando gli oratori parlano di legalità, di rispetto delle regole e di lavoro.
Franco La Torre legge un messaggio scritto da don Ciotti che parla di “uso sociale della tenuta”, di “facilitare il percorso di riutilizzo dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose” e soprattutto di “un’Italia diversa”.
Ma l’Italia, sottolinea qualcuno, è già diversa ed è anche questa, composta da centinaia e centinaia di persone che la domenica mattina si mettono in marcia per manifestare la loro voglia di legalità e di dire no ad ogni tipo di mafia. Un desiderio manifestato anche dalla presenza fisica stessa di Franco La Torre, una persona la cui esistenza è stata segnata inesorabilmente dalle mafie e dagli effetti nefasti e drammatici che queste hanno prodotto sulle vite di tantissimi italiani. “Suvignano è un simbolo – ha ribadito La Torre – e noi non possiamo mollare sui simboli”.
Gennaro Groppa
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