La crisi che sta vivendo Siena non è un passaggio di ordinaria amministrazione. Non lo è perché si inserisce in una cornice generale di crisi e perché deve fare i conti con lo stallo, legato al commissariamento e che impedisce, per ragioni puramente normative, di poter mettere in campo risposte rapide e straordinarie ad alcuni grandi temi che riguardano la città: dalla sfida per Siena Capitale europea della cultura, alla riorganizzazione del trasporto pubblico fino al rischio di perdere il titolo di capoluogo a causa della riforma sulle Province. Il campanello d’allarme il Partito democratico lo aveva suonato in tempi non sospetti, a differenza di chi, da molti banchi del consiglio comunale auspicava come una liberazione e un toccasana per la città, l’arrivo del Commissario e la gestione “tecnica” del Comune.
Per far fronte a questa fase straordinaria c’è bisogno di prendere decisioni veloci e uscire dallo stallo in cui la città si trova. E’ con questa convinzione che nei giorni scorsi è stata lanciata dal Pd la mobilitazione per chiedere al Governo di anticipare le elezioni. Una proposta che ha trovato subito il favore di molte associazioni economiche e di tanti cittadini che stanno firmando la petizione all’interno della Festa democratica. Non si tratta di una “strategia politica”, come qualcuno dice per nascondere la propria paura per le elezioni anticipate, ma di lavorare per ridare a Siena un Sindaco, una giunta e rappresentanti comunali, eletti dai cittadini nell’interesse della città. Le condizioni tecniche e giuridiche ci sono. Perché perdere tempo prezioso, tenendo per altri otto mesi la città senza sindaco? In un “colpo solo” potremmo evitare una lunga e logorante campagna elettorale e restituire a Siena un clima più disteso e una guida politica, eletta direttamente dai cittadini.
Siena, solo dopo dieci mesi dal voto, è stata privata del sindaco eletto dai cittadini da otto consiglieri che, per mere questioni di “poltrone” hanno interrotto il mandato di Franco Ceccuzzi e quel percorso di rinnovamento e di discontinuità, avviato su alcune grandi questioni, a partire da Banca, Fondazione Mps e Ospedale. Una percorso che ha permesso di dare avvio ad un nuovo equilibrio tra i diversi poteri, facendo fare alla politica un passo indietro rispetto agli aspetti gestionali e un passo avanti per recuperare la sua funzione di indirizzo generale e promozione del dibattito pubblico. Una strada che ha portato a Siena professionisti di grande levatura per ricoprire ruoli strettamente amministravi, direzionali e gestionali, facendo perdere poltrone e incarichi a chi, invece, voleva continuare a gestire “alla vecchia maniera” la Banca. Quegli otto consiglieri, insieme ai “grandi mentori” che agivano nell’ombra, pianificarono e causarono la caduta di Ceccuzzi e il commissariamento della città. Lo hanno fatto con premeditazione, lavorando alle spalle e sulla pelle della città, uniti da un patto politico trasversale che mette insieme, i soliti vecchi arnesi della politica senese, anonimi del web, professionisti del trasformismo e del ‘voltagabbanismo’ e gli specialisti della sconfitta.
Un patto tenuto insieme da interessi politici e dal bisogno di aggravare la crisi della città per poi racimolare i voti dello scontento e della paura. Dietro a quest’operazione ci sono i soliti noti: Alberto e Alfredo Monaci; Pierluigi Piccini e Renato Lucci.
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