Non ci sono limiti all’amore e l’amore, quando è forte e invincibile come quello di un padre per suo figlio, porta al compimento di grandi imprese. Questa è la storia di Maurizio Guanta, messinese di 43 anni, ciclista per passione ma, sopratutto, Maurizio è il padre di Edy, un bambino di 9 dal sorriso che arriva dritto al cuore. Edy è affetto dalla distrofia muscolare di Duchenne, una malattia degenerativa che colpisce i muscoli del corpo e per la quale, purtroppo, non esiste cura. Con un’incredibile forza d’animo, Maurizio ha deciso di non arrendersi e di dare il suo contributo per portare luce su questa malattia, la forte voce di un uomo altrettanto forte che, in sella alla sua bicicletta, vuole far conoscere la malattia a più persone possibili. Maurizio Guanta è socio di Parent Project onlus, l’associazione di genitori di bambini e ragazzi affetti dalla distrofia muscolare di Duchenne e oggi parteciperà alla nona tappa del Giro d’Italia 2016, da Radda in Chianti a Greve in Chianti per far sentire la voce della lotta contro la rara patologia genetica con la quale convive suo figlio. In una lunga ed emozionante chiacchierata, ci ha raccontato la sua ‘pedalata per la vita’.
Maurizio Guanta, cos’è e come si manifesta la distrofia muscolare di Duchenne?
“La distrofia è una malattia rara che colpisce solo i maschi, è una disfunzione del cromosoma x a cui manca la distrofina e già a 3 anni si iniziano a vedere i primi sintomi come il camminare sulle punte dei piedi e la difficoltà nel salire le scale. Vengono attaccati i muscoli del corpo che iniziano ad atrofizzarsi e, purtroppo, finisce per essere colpito anche il cuore, essendo anch’esso un muscolo. La malattia è trasmssa dalla madre, portatrice sana, non esiste una cura se non una terapia a base di cortisone che permette di mantenere la forza muscolare fino a 12-13 anni”.
Da padre, quale crede che sia il compito di un genitore che vive a contatto con questa malattia?
“Credo che sia assolutamente necessario sensibilizzare l’opinione pubblica, tenere sempre alta la voce e incentivare la ricerca il più possibile. Ci sono stati grandi progressi e l’aspettativa di vita è più alta, adesso, ma si deve continuare a progredire ed io cerco di dare il mio contributo. E’ per questo che ho deciso di partecipare al Giro d’Italia. E’ il terzo anno consecutivo e lo faccio per tutti i bambini e i ragazzi affetti dalla distrofia, per loro e per i loro genitori, oltre che per Edy, voglio sensibilizzare tutti e riuscire a dare il mio apporto alla ricerca, nella speranza di una migliore qualità di vita per questi bambini”.
Come si vive con la Duchenne? Edy è consapevole della sua malattia?
“Edy è un bambino molto allegro, solare e aperto nei confronti di tutti. Su facebook ho molti amici per via della mia associazione Amici di Edy Onlus e questa cosa per lui è fonte di grande entusiasmo perché, in fondo, sono anche amici suoi. Inizia a percepire qualcosa, i dolori o le difficoltà nel fare alcuni movimenti, ma noi cerchiamo di fargli capire la realtà un po’ alla volta… Edy è affetto da una mutazione della Duchenne ancora più rara della malattia stessa e non esistono ricerche in merito. Ha solo 9 anni, per lui è ancora presto per capire, per noi è presto per arrenderci”.
L’Italia è un paese attrezzato per garantire supporto a chi convive con la Duchenne?
“Si sta muovendo qualcosa, ultimamente stanno nascendo alcuni centri di riferimento ma, purtroppo, ci sono pochi investimenti. A Messina è nato il centro NEMO che si occupa di distrofia ed è possibile fare visite, terapie e day hospital. Questo è molto importante perché esistono 5.000 casi in Italia di cui 120 qui al sud e prima eravamo obbligati a spostarci al centro-nord. La ricerca, come ho già detto, è andata avanti ma riceve pochi finanziamenti anche da parte dello Stato: essendo una malattia rara, non gode di particolari attenzioni. La mia partecipazione al giro d’Italia è finalizzata a questo, sono membro di Project Parent Onlus, l’associazione che riunisce i genitori dei bambini affetti dalla distrofia di Duchenne e tutti i fondi che riusciamo a raccogliere sono destinati alla ricerca, anche quelli che raccolgo con Amici di Edy Onlus “.
Come nasce la sua passione per il ciclismo? Edy è un suo fan?
“Sono sempre stato uno sportivo, prima praticavo atletica leggera ma seguivo il ciclismo in tv. Ero un grande tifoso di Pantani e ho deciso di salire in bici dopo aver conosciuto Vincenzo Nibali, un amico, che ci da una grande mano per sostenere la causa. Con Edy guardiamo sempre le tappe insieme, facciamo il tifo per Vincenzo e anche lui è molto appassionato. Ho creduto che il ciclismo fosse uno strumento con cui potevo dire la mia, pedalo per tutti i bambini, nessuno escluso. Poi ci sono quei momenti sulla bicicletta che dedico a me stesso, quell’ora al giorno in cui salgo in sella e stacco la spina, lascio fluire via lo stress e i brutti pensieri, mi ricarico, riprendo contatto con me stesso e scaccio la tristezza che spesso mi assale. Il ciclismo è molto importante per me, mi aiuta a dare tutto me stesso per questi bambini e per le loro famiglie”.
Maurizio, qual è il suo sogno?
“Il mio sogno più grande è quello di trovare una cura a questa malattia, penso sia scontato. Però, sono sincero, mi accontenterei anche di un modo per rallentare la malattia, per dare una migliore qualità di vita ai bambini e per avere con me mio figlio più a lungo”.
Arianna Falchi
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