Anche oggi il superamento degli Appennini non è stato risolto, e tre sono le vie di comunicazione più frequentate: l’autostrada verso Bologna, che superato Sasso Marconi, diventa un lungo nastro diritto verso Rimini; la travagliata E45 che dopo Perugia sale a Cesena e si ricongiunge con l’autostrada; la lunga superstrada verso Foligno, per poi affrontare Col Fiorito e planare su Civitanova Marche.
Ma se avete deciso di recarvi al mare in Adriatico, datemi retta e fate un’altra strada. Per me, è la più fascinosa e non finisce mai di emozionarmi ogni volta che la faccio: l’antica Via Flaminia che attraversa la Gola del Furlo. Strada antichissima, come testimonia la piccola galleria, ancora aperta al traffico, fatta scavare dall’Imperatore Vespasiano fra il 76 e il 77 dopo Cristo, a fianco di un ancor più stretto varco di epoca etrusca.
La Gola del Furlo, con la sua bellezza naturale, aspra e dolce a tempo stesso, si trova lungo un tratto che ha come ideale punto di partenza Gubbio, attraversa Cagli ed Acqualagna (sì, proprio quella del tartufo bianco), arriva, con una piccola deviazione, ad Urbino e poi inizia ad affacciarsi sul mare, che incrocia a Fano.
Città e terre di grande bellezza e che riportano immediatamente ai tempi di quel Federico di Montefeltro – Duca di Urbino e Signore di Gubbio – che è sicuramente il condottiero dal profilo più famoso del mondo: quello dipinto da Piero della Francesca, in fronte alla moglie Battista Sforza, capolavoro oggi visibile alla Galleria degli Uffizi.
Ma se volete proprio completare il piacere del viaggio, aggiungete una ventina di chilometri ed arrivate a Senigallia. Lasciate perdere la tenera retorica della “spiaggia di velluto” o le ormai inflazionate bandiere blu e concentratevi invece sulla possente, quattrocentesca Rocca Roveresca e soprattutto sulla Rotonda a Mare. Oggi sede espositiva e luogo di convegni, la Rotonda a Mare (che, strano a dirsi, non è quella che ispirò la famosa canzone di Fred Bongusto), ha una storia che risale a metà dell’Ottocento, per trovare poi l’attuale conformazione nel 1933, per decisione del Comitato Amministrativo dell’ Azienda Autonoma Stazione di Cura e Soggiorno (un nome che è tutto un programma) che scelse il progetto di Enrico Cardelli, con la forma ‘a conchiglia’, che la rese poi famoso luogo di musica e mondanità.
Un’Italia che sembra non meno lontana di quella dei Duchi di Gubbio e di Urbino.
Roberto Guiggiani
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