Non posso che dedicare questa mia rubrica agli effetti del Coronavirus sul turismo in Italia, dopo che in meno di una settimana sono arrivate cancellazioni che avranno un effetto molto negativo sull’intero settore del turismo.
Non sarà una crisi passeggera, anzi sarà un “anno orribile”, come del resto sempre accade a qualche paese del mondo. Nell’ultimo decennio, era stata proprio l’Italia ad avvantaggiarsi delle difficoltà di altri paesi – legate soprattutto ad eventi terroristici – e questa volta siamo invece noi a dover subire un calo molto forte delle prenotazioni, dovuto al timore del contagio di una malattia poco conosciuta e dunque ancora più temuta. Bene
hanno fatto le associazioni di categoria e singoli operatori a chiedere immediatamente l’aiuto di Stato e regioni con interventi di sostegno al settore, perché è molto probabile possa incidere su tutto il periodo di alta stagione.
La Tunisia, per fare solo un esempio, ha impiegato oltre 2 anni prima di recuperare il crollo di turisti dovuto all’attentato presso il Museo del Bardo di Tunisi nel 2015 (oltre 20 morti, fra cui 4 italiani) e la conseguente instabilità politica.
La Turchia ha visto quasi fallire la propria compagnia aerea Turkish Airlines nel 2016, dopo che la repressione successiva al fallito golpe contro il presidente Erdogan aveva praticamente azzerato i flussi turistici verso Istanbul e la Cappadocia. Ed i numeri di arrivi internazionali sono ancora lontani da quelli che erano cinque anni fa.
E andando ancora più indietro nel tempo – fino al 1996 – non si può che citare il caso della cosiddetta “mucca pazza” in Gran Bretagna, per trovare un caso in cui i timori di contrarre la malattia furono sicuramente superiori alla realtà e tali da tenere molti di noi lontani dall’isola.
Ma del resto, chi di noi ha voglia – adesso – di andare in Cina o in Corea del Sud, dove i casi di Coronavirus sono così numerosi? L’istinto e la ragione ci suggeriscono di rinviare ogni ipotesi di viaggio almeno al prossimo anno, quando la situazione sarà probabilmente tornata normale. E qui sta la chiave di tutto: la normalità. Solo quando la situazione in Italia sarà “normale”, con musei aperti, eventi sportivi regolari, congressi confermati, si potrà pensare che i turisti abbiano di nuovo voglia di tornare in Italia.
Fino a quel momento – va detto sinceramente – è inutile spendere soldi in campagne di comunicazione e di promozione che “rassicurino” i turisti sul fatto che tutto va bene e non ci sono problemi. Come non ci crederemmo noi italiani, le azioni promozionali istituzionali non saranno attrattive neppure per coloro che dovrebbero venire in Italia.
E qui ritorna alla ribalta l’importanza ed il peso dei canali social: solo quando i turisti (non l’Enit, le regioni o i comuni) torneranno a condividere post rassicuranti dal nostro bel paese, spariranno le paure ed i timori.
Roberto Guiggiani
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