Il Rapporto sul Turismo Enogastronomico 2021, coordinato da Roberta Garibaldi, ha il pregio di condensare, nella prima pagina, tutte le principali informazioni su un fenomeno così importante a livello mondiale.
Sette paragrafi che da soli ci dicono tutto quello che c’è da sapere per coloro – operatori privati oppure amministrazioni pubbliche – vogliano misurarsi con le motivazioni ed i gusti dei turisti che hanno il piacere di girare il mondo per scoprire i prodotti enogastronomici.
In maniera sintetica e diretta, il Rapporto ci dice che il turismo enogastronomico non è più il semplice consumo di cibi e bevande, ma un’esperienza ed un’emozione in sintonia con la realtà e l’ambiente in cui si svolge. Ne consegue che ogni azienda agroalimentare, qualunque sia la sua posizione lungo la filiera produttiva, deve avere la consapevolezza di essere un ambassador, un rappresentante di una società territoriale evoluta, che genera valore per i residenti prima ancora che per i visitatori. E che il primo di questi valori deve essere la sostenibilità, nel suo significato più ampio, ambientale e sociale allo stesso tempo.
Cito testualmente: “Vinceranno le idee che incrociano pratiche diverse (arte, musica, cultura, benessere e nuove connessioni tra città ed aree rurali), la comunicazione focalizzata sulla reale sostenibilità aziendale, il coinvolgimento del visitatore nelle buone pratiche avviate dall’impresa, il suo agire per il miglioramento sociale e ambientale”
Cosa ancora più importante, sono tendenze che riguardano anche i turisti italiani, troppo spesso considerati meno sensibili di quelli stranieri, in particolare dei paesi nord-europei, al tema della sostenibilità. Invece, non è così, se il 66% degli italiani – dice il Rapporto – è propenso a visitare un’azienda di produzione alimentare che fornisce informazioni sulle scelte etiche adottate nei confronti dei propri lavoratori e dei metodi di allevamento o di coltivazione. E la stessa percentuale del 66% esprime il desiderio di non fare soltanto una visita di poche ore, ma di vivere un’intera giornata a contatto con i produttori e con la comunità locale.
Il messaggio è insomma molto chiaro: cresce la voglia di un’esperienza educativa che non si limiti a mangiare e bere cose buone, ma sia di concreto arricchimento personale e trasmetta una reale attenzione verso il rispetto dell’ambiente e la riduzione di ogni forma di inquinamento.
E con la voglia – per il 51% dei turisti enogastronomici – di mantenere il legame con l’azienda visitata, grazie alla “adozione a distanza” di un vigneto, un oliveto o un frutteto, da cui ricevere ogni anno i prodotti finali direttamente a casa.
Roberto Guiggiani