Il Bello & Il Buono

Vi svelo un segreto: l’amore non fa MAI male

Oggi, 25 novembre, la giornata contro la violenza sulle donne. Non basta, sicuramente, una giornata dedicata alla causa, ma la speranza è che questa sia l’ennesima goccia nel mare di tante donne e uomini che, ogni giorno, si battono contro la violenza di genere. E, spesso, la violenza si traveste, prendendo le sembianze di un amore folle.

A Siena, allo scopo di sostenere il sistema di accoglienza delle vittime di violenza di genere, l’Amministrazione comunale assegnerà all’associazione DonnachiamaDonna, la quale svolge il ruolo di Centro Anti-Violenza (CAV) per la zona senese, un contributo pari a 0,20 centesimi per ogni donna residente nel territorio comunale alla data del 1° gennaio 2017 (fonti Istat), in fascia di età compresa fra 16 e 70 anni, per uno stanziamento complessivo di oltre 3.800 euro. Ed è proprio l’associazione DonnachiamaDonna ad essere tra i principali protagonisti sul territorio a condurre questa battaglia e ad offrire un porto sicuro per tutte quelle donne vittime di violenze, fisiche o verbali che siano.

Dal 1 gennaio 2016 al 30 dicembre, dello stesso anno, sono 44 le donne vittime di violenza ad aver denunciato la loro situazione attraverso il Cav: 25 italiane, 9 della comunità europea e 12 extracomunitarie. Donne come tante, donne come noi della redazione, donne come te, cara lettrice. Donne che incroci ogni giorno mentre vai a lavoro o in palestra, donne con cui ti fermi a scambiare due parole in fila al super mercato. E tra queste donne, vogliamo raccontarvi la storia di Elisa (nome di fantasia) e del suo primo colloquio al Centro Anti Violenza di Siena, in via Mattioli 8/A.

Ero di turno al Centro, era un lunedì, uno di quei giorni in cui le operatrici sono in sede e si rendono disponibili per i colloqui. Entrò lei, una donna dal volto bellissimo, 44 anni, molto educata. Mi chiese se era possibile parlare con qualcuno ed io la invitai a prendere un appuntamento. Elisa, mi spiegò che veniva da fuori Siena e mi pregò di poter scambiare due parole sul momento. Qualcosa, nella sua voce, mi convinse. Iniziammo subito con la prima fase del colloquio in cui si raccolgono le prime informazioni sulla vita della donna: Elisa era sposata, un marito più grande di tre anni, entrambi originari del sud Italia ma avevano vissuto per molto tempo a Zurigo, loro ed i bambini. Senza mai perdere il suo tono dolce ed educato, Elisa mi raccontò della gelosia del marito: un uomo ossessivo che controllava ogni più piccolo aspetto della vita della moglie, impedendole di lavorare e improvvisando rientri a casa inaspettati per verificare cosa lei stesse facendo in sua assenza. Tra le varie pretese, anche quella di una vita sessuale molto attiva, anche quando Elisa non era disposta. Oltre all’assiduo e snervante controllo, l’attività preferita di quell’uomo era umiliarla davanti agli altri. Agli amici, ai parenti, agli sconosciuti. Lui riusciva sempre a trovare il modo per metterla in imbarazzo, per svalutarla, per farla sembrare una piccola briciola insignificante agli occhi degli altri. La derideva, la sminuiva. Anche davanti ai figli. E le violenze verbali, come troppo spesso accade, vennero raggiunte anche da quelle fisiche. Elisa mi confessò di avere spesso delle fortissime emicranie. Si era fatta visitare in neurologia e in quel momento era in cura da uno psichiatra e stava assumendo psicofarmaci. Purtroppo, non bastava. Mentre Elisa parlava, mi accorsi di un dettaglio: le sue parole fluivano come se stesse raccontando una fiaba. Parlava in maniera così distaccata, come se non fosse realmente lei la protagonista di quegli episodi dolorosi. Il distacco, forse, era la sua arma di difesa. Anche a Zurigo si era rivolta ad una consulente e questa le aveva consigliato di separarsi. Impossibile, forse, nella testa di una donna che il marito costringeva a non lavorare e che, di nascosto, lavorava in nero come baby sitter per racimolare qualche soldo per se stessa. Elisa se ne andò al termine del colloquio con una contentezza inusuale: chiese spontaneamente un secondo colloquio e si sentiva sollevata di poter parlare della sua condizione con qualcuno, anche se per farlo era costretta a mentire e a mettersi a rischio“.

Vi svelo un segreto: l’amore, non fa mai male.

Per contattare il Centro Anti Violenza DonnachiamaDonna, telefonare al numero 347/222 0188.

Arianna Falchi

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