Il vino è natura, cultura, poesia, tecnica, goliardia, lavoro, relazione, spiritualità. Il vino è Cultura con la “C” maiuscola e l’Italia gli è particolarmente affezionata. Le proprietà magiche di questo nettare sono note fin dall’antichità e non è un caso che nel corso dei secoli abbia acquisito così tanti significati. Il vino accompagna l’uomo da millenni ed è strettamente intrecciato alla sua storia, ma è sempre stato come lo conosciamo oggi?
In questo approfondimento andremo ad approfondire la tecnica di vinificazione in anfora e scopriremo meglio come si fa il vino.
Come si fa il vino: le fasi di vinificazione
La produzione del vino avviene in 4 fasi fondamentali: la vendemmia, la pigiatura, la vinificazione e la svinatura/invecchiamento. Il risultato finale dipende da molti fattori, come il tipo di uva impiegata, le tecniche di vinificazione, l’invecchiamento e l’aggiunta di sostanze come zuccheri, acidi o tannini. Vediamo però nel dettaglio la procedura si produzione del vino.
Vendemmia
La vendemmia è il primo step del ciclo produttivo del vino. Oggi viene eseguita meccanicamente per la produzione in serie. La selezione manuale è più accurata e tiene conto della salute della vite. Infatti, le macchine utilizzate per la raccolta provocano un elevato stress alle viti dovuto alle violente scosse utilizzate per provocare la caduta dei grappoli.
Selezione delle uve
Per i vini di alta qualità su un banco detto “di cernita” vengono selezionati i grappoli più maturi e sani. L’obiettivo di una selezione accurata delle uve è quello di eliminare qualsiasi elemento estraneo, come residui vegetali, insetti e piccoli animali, oltre a materiali inerti come plastica, pietre o residui metallici. Questa operazione prevede anche l’eliminazione dei grappoli o dei singoli acini non idonei, perché marci o non sufficientemente maturi.
Durante questa fase si assicura la selezione accurata delle uve una volta raccolte, e si garantisce la qualità e la purezza del prodotto finale.
Pigiatura
La pigiatura consiste nello schiacciamento dei grappoli d’uva per estrarre il succo che conterrà il mosto, base del vino. Questa operazione, che può essere eseguita con una pigiatrice o manualmente, separa i residui vegetali dal mosto, che è il succo fermentabile ricavato dall’uva. Il liquido che ne deriva è il mosto, base primaria del processo fermentativo.
Fermentazione o vinificazione
La fermentazione o vinificazione può durare da un giorno a 10 giorni. Durante questo processo lo zucchero si trasforma in alcol e anidride carbonica.
La vinificazione in bianco porta all’ottenimento di vini bianchi, pronti da bere entro 3 anni dalla vendemmia. Per i rosati si esegue una parziale vinificazione in bianco.
I vini rossi si ottengono fermentando il mosto insieme a bucce, semi e raspi.
Svinatura, invecchiamento o affinamento
La svinatura e l’invecchiamento consiste nel travasare il vino nelle botti e inizia una seconda fermentazione. I vini bianchi sono pronti per essere imbottigliati, mentre i rossi iniziano l’invecchiamento, che può durare fino a 5 anni.
Imbottigliamento
Infine il vino così ottenuto viene inserito nelle bottiglie, chiuse da un tappo di sughero. Qui continuano il loro processo di invecchiamento per poi essere immesse nel mercato.
Vini biologici e naturali: cosa sono
Negli ultimi anni c’è stato un movimento di ritorno alla naturalità del vino, senza tuttavia rinnegare l’importante lavoro che si fa in cantina. Non solo per quanto riguarda i sapori, ma anche e soprattutto un movimento che nasce dalla necessità di preservare l’ambiente e creare vini sostenibili.
Questo movimento di riscoperta delle origini porta il consumatore verso un gusto più autentico di vini che vengono prodotti con cura, fuori dalle logiche del consumo per il consumo.
Un vino biointegrale è un vino etico e dal sapore autentico. Un prodotto in serie non potrà mai conservare il sapore autentico e genuino dell’acino scelto e raccolto amorevolmente dalle mani del viticoltore. All’interno del disciplinare di coltivazione biologico esistono poi delle varianti. Di seguito andiamo a scoprire il BioIntegrale, una filosofia di produzione sviluppata da Famiglia Casadei, azienda vitivinicola che produce vini biologici in Toscana e Sardegna.
Cos’è il vino naturale?
Il vino naturale è prodotto con metodi di agricoltura biologica e biodinamica, spesso caratterizzato da una grande intensità di aromi e sapori. Ecco le caratteristiche chiave:
• Durante la vinificazione non vengono aggiunti additivi come solfiti, lieviti, tannini. Viene utilizzato solo il lievito indigeno presente naturalmente sull’uva.
• Non ci sono filtrazioni o chiarifiche che possano modificare le caratteristiche organolettiche naturali del vino. In bocca sono vini molto vivi, con una spiccata acidità e mineralità. Spesso sono torbidi o leggermente opalescenti.
• Questi vini hanno aromi molto complessi, spesso definiti “naturali”, dovuti alla fermentazione spontanea. Possono presentare note vegetali, di lievito, ecc.
• La conservazione richiede condizioni ottimali per preservare le caratteristiche organolettiche. Generalmente è consigliato consumarli entro 2-3 anni.
BioIntegrale: cosa vuol dire?
BioIntegrale è una filosofia di vita che mira a restituire l’agricoltura alla natura. Nel 2013, è stata registrata una programmazione volta a tutelare la biodiversità delle forme di vita e a rendere il benessere della natura il fondamento di ogni scelta agricola e vitivinicola.
BioIntegrale significa lavorare la terra con aratri trainati da cavalli, senza mezzi cingolati o su gomma che possano compattare il suolo. Significa niente diserbanti, concimi chimici o prodotti di sintesi, ma solo buone pratiche di agricoltura tradizionale – come concimazioni organiche e sovesci. La vendemmia è manuale, la vinificazione avviene senza l’utilizzo di lieviti esterni.
La natura è sempre al centro delle scelte agricole, si prediligono vitigni autoctoni e si preservano le risorse naturali. La filosofia BioIntegrale abbraccia l’ecosostenibilità, le pratiche agronomiche biologiche e biodinamiche e sottolinea il rispetto per la terra e per la biodiversità. L’obiettivo è salvaguardare la salute del suolo, delle piante e degli insetti.
I viticoltori naturali producono vino usando uve coltivate in modo biologico o biodinamico senza pesticidi, erbicidi o altri prodotti chimici. Usano metodi di vinificazione tradizionali o innovativi, evitando l’utilizzo di enzimi, lieviti selezionati, acidi e additivi. A volte, aggiungono in piccole quantità solfiti come conservante e stabilizzante, ma i produttori convenzionali ne usano fino a 10 volte di più. Il vino prodotto senza solfiti aggiunti è spesso chiamato “zero-zero”.
Esaltare le proprietà di un vino: affinamento in terracotta
La vinificazione in anfora è una tecnica antica, utilizzata fin dall’antichità in Grecia e poi in Italia attraverso l’influenza etrusca. Oggi questa tecnica sta diventando sempre più popolare, grazie alla riscoperta delle tecniche di vinificazione nelle anfore di terracotta. In Georgia è stata salvaguardata con l’inserimento nella lista dei patrimoni culturali intangibili dell’umanità. In Italia alcuni produttori come Josko Gravner, Cirelli, Annesanti ed Elena Casadei stanno portando avanti questa tecnica con grande successo. La vinificazione in anfora prevede la messa a fermentare le uve in anfore di terracotta interrate o non, seguite da una macerazione sulle bucce, una follatura regolare e un affinamento di al massimo 6 mesi. I vantaggi di questa tecnica per il produttore sono innanzitutto la durata delle anfore, e la prevenzione del propagarsi di microrganismi dannosi.
I vantaggi in termini di performance organolettiche sono diversi. Infatti, al contrario del legno, la terracotta non aggiunge profumi e sentori. Diversamente dall’acciaio, fa sì che l’ossigenazione sia perfetta.
L’orcio è traspirante, consente una lavorazione naturale e fa emergere i sapori autentici dell’uva e del terroir. Le Anfore di Elena Casadei usa sia anfore georgiane che anfore prodotte a Impruneta, in Toscana per dare vita a vini innovativi e moderni.
La vinificazione in anfora sta diventando sempre più popolare in Italia e in altre parti del mondo, come un ritorno alle origini con uno sguardo verso l’ecosostenibilità.
Il vino di oggi: la produzione industriale e lo sfruttamento delle coltivazioni
La produzione di vino è una combinazione di arte e scienza, di creatività individuale e tecnologia innovativa. Ma è anche un’attività economica. Per riuscire a emergere nel mercato moderno, un produttore di vino deve bilanciare gli aspetti artistici ed economici della produzione, e comprendere i fattori motivazionali che influenzano le scelte d’acquisto.
Negli ultimi due secoli la produzione industriale su larga scala ha portato il vino sulle tavole di una più ampia platea di consumatori. Questo consumo di massa ha portato un aumento nella quantità inversamente proporzionale alla qualità. Basti pensare che negli Stati Uniti, circa il 70% del mercato è composto dai vini economici – quelli che vendono al dettaglio per meno di 7 dollari a bottiglia. Nonostante ciò, i consumatori hanno alte aspettative di qualità, indipendentemente dalle categorie di prezzo. Questo ha portato a un abuso di sostanze chimiche per la correzione degli attributi gustativi del vino comune e a uno sfruttamento eccessivo dei terreni dedicati alla coltivazione della vite, oltre che un utilizzo di sostanze chimiche come insetticidi e fertilizzanti.
Se, come sappiamo, il terroir e l’ambiente di sviluppo della vigna incidono sul sapore e sulla qualità del vino, il consumatore contemporaneo non può esimersi dal prediligere un vino sempre più naturale ed etico.
Il vino di ieri: breve storia del nettare degli dei
Si dice che la vite sia comparsa per la prima volta più di 200 milioni di anni fa in diverse parti del pianeta. A partire da circa 8000 anni fa, l’uomo ha iniziato a selezionare le vari specie adatte alla coltivazione e gli archeologi hanno rinvenuto tracce di bevande derivanti dall’uva in vari siti in Asia Minore. Successivamente i Fenici portarono la vite e il suo nettare a Greci, Etruschi e Romani, che ne codificarono l’arte.
La storia di questo succo continua fino al 1710, quando Cosimo III de’ Medici definì le prime DOCG, delineando i confini delle zone di produzione del Chianti e del Carmignano.
La fine del 1800 ha segnato l’inizio dell’agricoltura industrializzata e l’ascesa di figure importanti nella produzione di vino, tra cui Camillo Benso di Cavour e Bettino Ricasoli.
A sconvolgere gli equilibri e il mercato enologico è stato l’arrivo del parassita Oidium e dell’insetto Fillossera che hanno portato alla distruzione di un quarto del patrimonio viticolo europeo. Questa crisi fu superata grazie all’innesto delle varietà europee su quelle americane resistenti all’insetto arriviamo alla vite che coltiviamo ancora oggi.