foto di Antonio Cinotti
Scegliere una Facoltà, trovare una donna, decidere da che parte stare. Crescere è anche questo, è ridurre progressivamente il numero delle possibilità che ci stanno dinanzi, è dire dei no alla vita, a volte con ponderazione, a volte con leggerezza, rare volte con coraggio. Eppure l’imprevisto. Eppure l’imponderabile. Eppure, al di là di ogni direzione di marcia intrapresa, l’imprevisto e l’imponderabile continueranno a tenderci agguati agli angoli del tempo, perché noi non siamo solo luce (ragione) siamo anche tenebre (l’inconscio), perché amare, lavorare, agire, è sempre un amare, un lavorare, un agire in mezzo agli altri, che ci cambiano e cha da noi sono cambiati, rendendo alla fine labile ogni demarcazione troppo netta tra normalità e originalità. E’ di questo, è anche di questo, che fa esperienza Neri, lo studente universitario protagonista di Ironica di Mattia Carapelli, romanzo tenero e cattivo, fresco come un bacio a lungo atteso, destabilizzante come un tradimento inaspettato.
“Credeva di essere sul punto di piangere, gli occhi che bruciavano come fiaccole. Era una sensazione simile a quella di un ubriaco, reso ipersensibile dai troppi bicchieri di vinaccio. Vedeva uomini e donne, persone di ogni fattezza, persino bambini, vestiti con gli abiti di mille culture differenti. Camminavano con passo svelto lungo una strada fatta di mattoni (non mattoni gialli, come quelli di Dorothy: mattoni tondi e scomodi). Neri era in mezzo alla folla, schivava con abilità da mezzofondista i colpi dei passanti. Neri andava contromano. “Sono sempre stato un tipo normale” gridò a un certo punto “Sono sempre stato normale, cosa c’è che non va in me? Possibile che l’essere normali provochi una tale insoddisfazione? Possibile che la soluzione sia ribellarsi? Uscire di casa con torce e forconi, arrostire il culo dei governanti fino a sovvertire l’ordine costituito, io non mi sento pronto per questa rivoluzione! Io sono un tipo normale, voglio starmene fermo e basta, guardare cosa succede, come fanno tutti!”. A quel punto vide Grigno. Si districava tra la selva di gambe e casse toraciche, nel tentativo di raggiungerlo. In bocca aveva un mezzo sigaro spento. Gli donava un’aria da nobiluomo”.
A cura di Francesco Ricci
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