Una serata qualsiasi. Anzi un venerdi. Quelli che una pizza veloce, una birra e poi al concerto. Oppure a mangiare qualcosa fuori, in un ristorantino. E cosi le due ragazze tunisine, il giovane avvocato, la dottoranda italiana e tanti altri. Un venerdi come tanti, in una città dove non è vietato camminare, dove la libertà è come l’aria che respiri. Poi all’improvviso, increduli, il fuoco, gli spari. La morte, gente che urla, che scappa da ogni parte, chi da una finestra, chi ammassandosi in una soffitta, trattenendo il respiro. E’ difficile commentare roba così. Si rimane attoniti, anche la terra e il cielo non hanno parole. Parigi, qualche giorno prima era toccato a Beirut, poi in ancor prima in Nigeria, Kenya e in tante altre parti del mondo. Adesso è un sangue che sentiamo vicino e ci confina in un silenzio attonito, tremante (anche se dovremmo ugualmente indignarci per le stragi di Boko haram o dell’Isis in altre parti del mondo). Su internet e in quella grande massa ora di riflessioni pensate ora di piccoli auto narcisismi che sono i social network, si sparge il cordoglio, altre volte è il vuoto di pensiero, la rabbia volgare a fare da padrona.
Sono stato in diverse aree calde del mondo a studiare il comportamento violento, a vederlo e toccarlo con mano. Mi ricordo Jos in Nigeria, c’’era il sangue che scorreva a fiotti per le strade, mi ricordo l’Algeria e poi ancora la Colombia in un lungo e tetro elenco delle atrocità. Ho parlato a lungo con gli addetti ai lavori, ho vissuto con loro, nei vicoli di Hebron e nelle periferie di Algeri o di Lagos e a volte ho messo a repentaglio anche la mia di incolumità e ho sentito sulla pelle cosa significhi vivere nella paura. Ma se c’è un minimo comune denominatore che ho appreso è che la violenza, ma è un discorso antico, genera violenza. Lo scopo di questi terroristi è quello di non farci più uscire di casa, di restringerci in quattro mura domestica. Non c’è ideologia dietro i loro volti, non c’è religione. Nessuna scusa. Leggiamoli il Corano, e le altre Bibbie di ogni razza e colore: non incitano alla violenza e se lo fanno lo fanno perché forse ogni qual volta ci si presenta con un’idea assoluta, ecco proprio nell’idea assoluta, c’è sempre dietro il seme della violenza. Dietro la verità assoluta fa capolinea sempre la violenza: la violenza verrebbe da dire è figlia della verità. Se una cosa è vera in senso assoluto allora non sono disposto a discuterne e allora sono autorizzato a difenderla con ogni mezzo, anche con la forza. E le verità che non provengono dall’uomo, una verità staccata dagli uomini, sono state nel corso della storia foriere di grandi massacri. Le grandi ideologie (e non solo i totalitarismi religiosi) ma anche quelli laici (basti pensare al fascismo e al comunismo) hanno sempre difeso l’immutabilità dei loro dogmi anche e soprattutto con la forza.
Tutto ciò ha un influenza enorme sulle menti più deprivate della società che vive ai margini, quella delle balie parigine ma anche di molte e di tutte le periferie del mondo. Dietro l’orrore di questi giovani kamikaze c’è il nulla, di gente che nasconde la propria viltà con la paura dell’Inferno o la ricompensa di un Paradiso. E’ un nulla che come una malattia autoimmune, come una sorta di autolisi proviene dall’interno, ci alita intorno. E non c’è solo l’Isis e questi mentecatti del terrore c’è a volte anche qualcuno che in nome di Cristo entra in una scuola qualunque e inizia far fuoco. E’ difficile fare guerra al Nulla, a un fantasma, e le guerre contro un fantasma spesso vengono perse. Non si può combattere il nulla. Si perché il Nulla offre senso d’identità, un ruolo del mondo, una verità inconfutabile, tutta roba che il nostro relativismo occidentale, si dice, ha abbandonato. Noi siamo invece abituati alle parole schiette, sane, perché sappiamo bene che intelligenza è sinonimo di libertà. Un uomo intelligente è anche un uomo libero ed un uomo libero è tale perché è anche intelligente. E allora dico: per combattere ogni radicalismo non serve contrapporre un altro assolutismo occidentale, occorre invece ribadire il nostro, laico, laicissimo punto di vista, quello in cui la sola idea di verità (relativa) è legata unicamente al logos e al consenso tra uomini liberi. Per combattere questo terrorismo oltre a mirate strategie d’intelligence a tutto tondo (a partire dal cuore del problema, ovverosia dal finanziamento di questi gruppi criminali) occorre anche inquadrare bene il problema. Occorre libertà e intelligenza. Occorre rispolverare una laica concezione della verità, perché nella cultura occidentale figlia di Socrate, la verità ha una dimensione tutta umana, relativa, dipendente dal consenso degli uomini. Perché la democrazia e la libertà sono stati d’animo, pensieri di gente libera, che come diceva Curzio Malaparte, di gente che parla a voce alta e pensa forte e che non tollera padroni, neanche se pretendono d’essere mandati da Dio.
Silvio Ciappi
Criminologo ed esperto della Commissione Europea in tema di terrorismo