epa04573815 A model presents a creation reading 'Stop Terrorising Our World' from the Fall/Winter 2015/16 Men's collection by Belgian designer Walter Van Beirendonck during the Paris Fashion Week, in Paris, France, 21 January 2015. The presentation of the Men's collections runs from 21 to 25 January. EPA/ETIENNE LAURENT
Il terrorismo insensato e aberrante che si manifesta nel sangue della strage di Parigi di questo venerdì, sembra lasciare poco spazio alla vita e alla gioiosa creatività associata alla moda. In questo articolo vorrei invece ribaltare questo concetto, pensando a come la moda ha reagito e possa reagire in futuro per alzare la propria voce contro il terrorismo. La moda nella sua essenza e’ un inno alla pace, espressione di arte e cultura, figlia del suo tempo, sempre in cambiamento per fare circolare idee e evolvere dogmi e preconcetti.
La moda e il terrorismo hanno da sempre una sottile dialettica, forgiata nella tragedia. L’attacco alle torri gemelle dell’11 settembre 2001 e’ accaduto nella quarta giornata della fashion week newyorkese, cancellando 73 shows, evacuando ogni spazio. L’attacco a Charlie Hebdo e’ successo pochi giorni prima della settimana della moda, che ha voluto comunque tenere luogo come una reazione forte alla desolazione del terrore. E proprio in quei giorni, il designer belga Walter van Beirendonck ha concepito la sua collezione attorno alla lotta al terrore e al desiderio di pace, inserendo PVC shirts con slogan contro il fanatismo che terrorizza il ‘NOSTRO’ mondo, il tutto inserito in un contesto di colori vivaci, simbolo di energia e rinascita. La libertà di esprimere se stessi attraverso un colore, un accessorio, un tessuto o una slogan cucito sul petto e’ un diritto imprescindibile e l’essere accettati una dimostrazione di umanità e comunità.
Altro esempio interessante: Givenchy, nella stagione primavera 2016, non ha solo offerto uno spettacolo di creatività commerciale, ma una collezione che parla all’umanità. La sfilata si è tenuta questo 11 Settembre appena prima del tramonto, a New York in uno show estremamente emozionante, con la direzione artistica di Marina Abramovic che ha decomposto e ricreato un mondo fatto di plastica riciclata e legno in cui esiste una sola cultura: quella umana. La musica risuonava in onore di sei diverse religioni, dai canti ebraici all’Ave Maria. Ma soprattutto la sfilata è stata aperta al pubblico, ribaltando quell’ anacronistico concetto di moda come cerchia elitaria.
‘This event that we are creating together is about forgiveness, inclusivity, new life, hope and above all, love.”
‘Questo evento che stiamo creando insieme riguarda il perdono, l’inclusivita’, nuova vita, speranza e soprattutto, amore.’
La sfilata è stata una metafora essenziale ed eccezionale di come la moda sia un’espressione di tutti noi: diversi nell’etnicità, nella religione e nelle usanze, ma accomunati da un universale senso del bello, del giusto e del vero che lega tutti gli uomini nella loro essenza, imprescindibilmente.
Miriam Bakkali
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