“Notte di lacrime e preghiere, la matematica non sarà mai il mio mestiere…” così descrive Venditti la notte prima degli esami nell’omonima canzone che generazioni di studenti continuano a far propria.
Per i maturandi questa sicuramente è una notte piena di emozioni e di bilanci: “avrei dovuto studiare di più durante l’anno, magari anche durante tutti e cinque gli anni” e quelli più bravi che invece non riescono a prendere sonno perché si chiedono se abbiano ripassato abbastanza.
È una notte in cui ci si sente già più grandi perché, si sa, dall’anno prossimo le cose cambieranno davvero: “l’università è un’altra cosa, si studia in modo diverso, il lavoro poi sarà ancora più diverso” questo ci hanno sempre detto tutti.
Perché in fondo un po’ è vero: l’esame di maturità è uno dei primi esami veri che la vita ci pone, poco importa se dicono tutti che è una formalità perché l’ansia, quell’ansia che lo accompagna è sostanziale, altro che formale! E ognuno la combatte a modo proprio: chi si è organizzato con biglietti e trucchetti dove creatività e fantasia non conoscono limiti, chi sta maledicendo la propria tesina ritenendolo il lavoro più inutile del mondo, oppure chi decide di ripassare tutti insieme e in genere finisce in un amarcord del tipo “ma te lo ricordi il primo giorno di scuola? Come eravamo piccoli!”, chi controlla perennemente i siti sulla Maturità lanciatissimo in un toto-autore e toto-argomento per la prima prova.
I più papabili per l’analisi del testo Eco, Pasolini, Pirandello, Pascoli e Ungaretti, invece i temi dati per favoriti per il saggio breve: terrorismo e il voto alle donne.
La realtà è che qualunque sia l’argomento su cui dovrete confrontarvi domani, cari maturandi, sarà solo il primo tassello del primo vero esame della vostra vita e per quanto vi possa sembrare spaventoso adesso, tra qualche anno ne sorriderete nostalgici. Penserete che quegli anni che vi sono sembrati tanto difficili tra quei banchi di scuola, con quei compagni che proprio sopportavate a fatica e quel professore che sopportava a fatica voi, rimproverandovi costantemente e relegandovi costantemente all’insufficienza, sono stati belli. Perché saranno anche gli anni che vi hanno regalato le prime amicizie importanti, quelle vere che vi accompagneranno per sempre, così il compagno di banco che vi suggeriva durante le interrogazioni sarà quello che vi darà consigli sul lavoro, sulla famiglia. E quel professore che detestavate tanto perché vi faceva sentire ancor meno dell’insufficienza che scriveva sul registro, vi toccherà ringraziarlo perché grazie a lui avrete sviluppato resilienza e tolleranza alle frustrazioni. Allora per domani vale un vecchio consiglio delle nonne “e di che hai paura? Sai quanti esami ti toccherà affrontare nella vita?!”
Selene Bisi